l' intervista l' alternativa Meglio una proposta di legge
parlamentare, con la collaborazione tra Polo e Ulivo spirito santo
Con un paniere così ampio come quello previsto dal Sic chi farà i
controlli?
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Una legge imposta dalla maggioranza, poco attenta ai moniti
della Consulta e al messaggio del capo dello Stato. Francesco Paolo
Casavola, nella duplice veste di presidente emerito della Corte
costituzionale ed ex Garante per l' editoria e la radiodiffusione,
esprime forti perplessità sulla riforma Gasparri del sistema
radiotelevisivo. In particolare punta il dito contro il Sic, la
torta delle risorse su cui viene calcolato il limite antitrust: «Con
un paniere tanto eterogeneo e dinamico - afferma - chi sarà in
grado di effettuare i controlli? Lo Spirito Santo?». Presidente,
come giudica il testo delle legge Gasparri? «Questa riforma va
valutata alla luce sia dei principi della giurisprudenza
costituzionale che del messaggio di Ciampi alle Camere. Da entrambi
i confronti emerge che il testo attuale non sempre ha recepito i
moniti al pluralismo». Andiamo per ordine. La Gasparri viola le
sentenze della Consulta? «Non voglio esprimere, in via preventiva,
un giudizio di incostituzionalità. Certo è che la legge non sembra
attenta alle raccomandazioni della Corte. A partire dalla sentenza
231 del 1985, in cui si legge: "I limiti quantitativi alla
trasmissione di pubblicità (in televisione), derivano dalla
esigenza di evitare che possa inaridirsi una tradizionale fonte di
finanziamento della stampa". La stampa infatti consente un'
articolazione discorsiva e un pluralismo che non è consentito
tecnologicamente alla tv». Con la Gasparri c' è il rischio che la
tv si accaparri tutta la torta pubblicitaria? «Certamente il
paniere delle risorse, su cui calcolare il limite antitrust del 20
per cento, è eccessivamente vasto, eterogeneo e dinamico. C' è di
tutto, basta leggere l' articolo 2 lettera G della legge: imprese
radiotelevisive, editoria quotidiana, pubblicità, distribuzione
opere cinematografiche. Il limite della concentrazione sarà
difficilmente accertabile. Chi sarà in grado di effettuare una
seria indagine antitrust?». Sarebbe dunque necessaria una
disciplina antitrust più severa? «Necessaria sì, ma non
sufficiente. La sentenza 420/1994 della Consulta impone al
legislatore la necessità di garantire l' accesso nel sistema
radiotelevisivo al massimo numero possibile di voci, ma avverte che
tale "necessità non può essere intesa come mera idoneità
minima di una qualsivoglia disciplina antitrust". Insomma, per
assicurare una effettiva pluralità di voci, non basta una legge che
si limiti a disposizioni anti-concentrazione». Si spieghi meglio.
«Basta leggere la successiva sentenza 155 del 2002, laddove
richiama la decisione 112 del 1993 e ribadisce che "il
pluralismo esterno delle emittenze private non è sufficiente a
garantire la completezza e l' obiettività della comunicazione
politica". Ciò significa che è anche all' interno delle
emittenti che va assicurato il pluralismo delle voci e la parità di
accesso delle forze politiche. Ma quella sentenza dice anche altro:
che emittenze radiotelevisive e stampa periodica vanno tenute
distinte, per la loro "diversa forza penetrativa" e la
limitatezza delle frequenze». La Gasparri, invece, non fa
distinzioni? «No, questa legge mette tutto insieme confusamente».
La legge salva anche Rete 4. «Si, nonostante la sentenza 466 del
2002 ponga il 31 dicembre 2003 come termine finale improrogabile per
il trasferimento sul satellite». Che ne è del messaggio di Ciampi
sul pluralismo? «Io speravo che una legge di sistema come la
Gasparri avrebbe recepito almeno l' auspicio del presidente della
Repubblica, affinché la vigilanza esercitata dal Parlamento nei
confronti del circuito mediatico si estendesse anche ai media
privati e non più solo alla Rai. Questo, purtroppo, non è avvenuto».
Per una legge di sistema, come questa, andava ricercato un accordo
bipartisan? «In una legge organica, destinata a durare, era senza
dubbio preferibile non usare lo strumento del disegno di legge
governativo. Meglio sarebbe stata una proposta di legge
parlamentare, frutto della collaborazione tra maggioranza e
opposizione. Il sistema informativo, infatti, non può essere
ridisegnato solo da chi ha vinto le elezioni».