La Repubblica
23-09-03, pagina 22, sezione POLITICA INTERNA
 
 
 
L' ex presidente della Consulta e garante dell' editoria: una legge così non può essere fatta solo da chi ha vinto le elezioni
Casavola: disattesi i moniti sul pluralismo di Ciampi e della Corte costituzionale

 

l' intervista l' alternativa Meglio una proposta di legge parlamentare, con la collaborazione tra Polo e Ulivo spirito santo Con un paniere così ampio come quello previsto dal Sic chi farà i controlli?

VLADIMIRO POLCHI

ROMA - Una legge imposta dalla maggioranza, poco attenta ai moniti della Consulta e al messaggio del capo dello Stato. Francesco Paolo Casavola, nella duplice veste di presidente emerito della Corte costituzionale ed ex Garante per l' editoria e la radiodiffusione, esprime forti perplessità sulla riforma Gasparri del sistema radiotelevisivo. In particolare punta il dito contro il Sic, la torta delle risorse su cui viene calcolato il limite antitrust: «Con un paniere tanto eterogeneo e dinamico - afferma - chi sarà in grado di effettuare i controlli? Lo Spirito Santo?». Presidente, come giudica il testo delle legge Gasparri? «Questa riforma va valutata alla luce sia dei principi della giurisprudenza costituzionale che del messaggio di Ciampi alle Camere. Da entrambi i confronti emerge che il testo attuale non sempre ha recepito i moniti al pluralismo». Andiamo per ordine. La Gasparri viola le sentenze della Consulta? «Non voglio esprimere, in via preventiva, un giudizio di incostituzionalità. Certo è che la legge non sembra attenta alle raccomandazioni della Corte. A partire dalla sentenza 231 del 1985, in cui si legge: "I limiti quantitativi alla trasmissione di pubblicità (in televisione), derivano dalla esigenza di evitare che possa inaridirsi una tradizionale fonte di finanziamento della stampa". La stampa infatti consente un' articolazione discorsiva e un pluralismo che non è consentito tecnologicamente alla tv». Con la Gasparri c' è il rischio che la tv si accaparri tutta la torta pubblicitaria? «Certamente il paniere delle risorse, su cui calcolare il limite antitrust del 20 per cento, è eccessivamente vasto, eterogeneo e dinamico. C' è di tutto, basta leggere l' articolo 2 lettera G della legge: imprese radiotelevisive, editoria quotidiana, pubblicità, distribuzione opere cinematografiche. Il limite della concentrazione sarà difficilmente accertabile. Chi sarà in grado di effettuare una seria indagine antitrust?». Sarebbe dunque necessaria una disciplina antitrust più severa? «Necessaria sì, ma non sufficiente. La sentenza 420/1994 della Consulta impone al legislatore la necessità di garantire l' accesso nel sistema radiotelevisivo al massimo numero possibile di voci, ma avverte che tale "necessità non può essere intesa come mera idoneità minima di una qualsivoglia disciplina antitrust". Insomma, per assicurare una effettiva pluralità di voci, non basta una legge che si limiti a disposizioni anti-concentrazione». Si spieghi meglio. «Basta leggere la successiva sentenza 155 del 2002, laddove richiama la decisione 112 del 1993 e ribadisce che "il pluralismo esterno delle emittenze private non è sufficiente a garantire la completezza e l' obiettività della comunicazione politica". Ciò significa che è anche all' interno delle emittenti che va assicurato il pluralismo delle voci e la parità di accesso delle forze politiche. Ma quella sentenza dice anche altro: che emittenze radiotelevisive e stampa periodica vanno tenute distinte, per la loro "diversa forza penetrativa" e la limitatezza delle frequenze». La Gasparri, invece, non fa distinzioni? «No, questa legge mette tutto insieme confusamente». La legge salva anche Rete 4. «Si, nonostante la sentenza 466 del 2002 ponga il 31 dicembre 2003 come termine finale improrogabile per il trasferimento sul satellite». Che ne è del messaggio di Ciampi sul pluralismo? «Io speravo che una legge di sistema come la Gasparri avrebbe recepito almeno l' auspicio del presidente della Repubblica, affinché la vigilanza esercitata dal Parlamento nei confronti del circuito mediatico si estendesse anche ai media privati e non più solo alla Rai. Questo, purtroppo, non è avvenuto». Per una legge di sistema, come questa, andava ricercato un accordo bipartisan? «In una legge organica, destinata a durare, era senza dubbio preferibile non usare lo strumento del disegno di legge governativo. Meglio sarebbe stata una proposta di legge parlamentare, frutto della collaborazione tra maggioranza e opposizione. Il sistema informativo, infatti, non può essere ridisegnato solo da chi ha vinto le elezioni».