SENTENZA N. 29
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
Presidente
:
Avv.
Mauro FERRI
Giudici
:
Prof.
Enzo CHELI
Dott.
Renato GRANATA
Prof.
Giuliano VASSALLI
Prof.
Francesco GUIZZI
Prof.
Cesare MIRABELLI
Prof.
Fernando SANTOSUOSSO
Avv.
Massimo VARI
Dott.
Cesare RUPERTO
Dott.
Riccardo CHIEPPA
Prof.
Gustavo ZAGREBELSKY
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera c), 6 e 7 della
legge della Provincia autonoma di Bolzano riapprovata il 5 luglio 1995 dal
Consiglio Provinciale, recante: "Norme e provvidenze in materia di
radiodiffusione" promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 21 luglio 1995, depositato in cancelleria il 31 luglio
1995 ed iscritto al n. 42 del registro ricorsi 1995.
Visto l'atto di
costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito
nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore Enzo Cheli;
uditi l'Avvocato
dello Stato Gian Paolo Polizzi, per il ricorrente, e gli avvocati Roland Riz e
Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso
notificato il 21 luglio 1995, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato gli artt. 3, comma 1, lettera c), 6 e 7, della legge della Provincia
autonoma di Bolzano recante "Norme e provvidenze in materia di
radiodiffusione", riapprovata dal Consiglio il 5 luglio 1995, in
riferimento agli artt. 3, 21, 117 e 127 della Costituzione, ed agli artt. 5 e 11
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige).
Nel ricorso si
espone che la legge, censurata dal Governo in sede di rinvio per più profili,
veniva riapprovata - nella seduta del 5 luglio 1995 - tenendo conto dei rilievi
formulati nei confronti degli artt. 5 e 8 e senza alcuna modificazione delle
disposizioni, pure censurate, contenute negli artt. 3, 6 e 7.
Le norme
impugnate prevedono che la Provincia di Bolzano possa concedere alle emittenti
radiofoniche e televisive locali, con sede e redazione principale nonché
produzione e diffusione prevalentemente nel territorio provinciale, contributi
fino al 30% delle spese di produzione per trasmissioni di particolare valore
riguardanti specifici problemi dell'Alto Adige (art. 6), nonché contributi fino
al 50% della spesa ritenuta ammissibile per l'acquisizione di notizie da
un'agenzia di stampa di lingua tedesca o ladina, in quanto esistente, a
condizione che tali spese non vengano sopportate dallo Stato (art. 7).
L'art. 3, comma
1, lettera c), prevede, a sua volta, che il comitato provinciale per i servizi
radiotelevisivi esprima il proprio parere sui provvedimenti che la Provincia
intende assumere per disporre agevolazioni a favore di emittenti radiofoniche
private locali che trasmettano programmi di pubblica utilità ai sensi della
legge 6 agosto 1990, n. 223.
Ad avviso del
Presidente del Consiglio dei ministri queste disposizioni, contrastando con i
principi previsti nella legge 6 agosto 1990, n. 223 - dai quali la legge
provinciale non potrebbe, per i limiti espressi dallo statuto, discostarsi,
trattandosi di norme fondamentali di riforma economico-sociale - violerebbero le
norme costituzionali che regolano i rapporti tra la normativa nazionale e quella
degli enti territoriali minori (artt. 117 e 127 della Costituzione ed artt. 5 e
11 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5), nonché il principio
della parità di trattamento (art. 3 Cost.) e quello della libera manifestazione
del pensiero (art. 21 Cost.), che impone nell'uso dei mezzi radiotelevisivi un
pluralismo aperto a tutte o al maggior numero possibile di opinioni.
Il contrasto
viene, in particolare, riferito all'art. 23, comma 2, della legge n. 223 del
1990, in relazione all'art. 16, comma 5, della stessa legge, dal momento che
tali norme prevedono la possibilità che le Regioni dispongano agevolazioni solo
a favore dei concessionari privati per la radiodiffusione sonora a carattere
comunitario in ambito locale e individuano i caratteri di questi concessionari.
Secondo il ricorrente, tale limitata competenza regionale sarebbe giustificata
dalla natura dell'attività di radiodiffusione sonora a carattere comunitario,
caratterizzata, ai sensi dell'art. 16, comma 5, della legge n. 223, dall'assenza
dello scopo di lucro e dall'esercizio da parte di soggetti qualificati, come
fondazioni, associazioni riconosciute e non, che siano espressione di
particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose, nonché società
cooperative, che abbiano per oggetto sociale la realizzazione di un servizio di
radiodiffusione sonoro a carattere culturale, etnico, politico e religioso. Nel
ricorso si osserva anche che, per ottenere la concessione, le emittenti
"comunitarie" devono assumere l'obbligo di trasmettere programmi
originali autoprodotti, riferiti alle istanze indicate, per almeno il 50%
dell'orario di trasmissione, e che sussiste il divieto della trasformazione
della concessione a carattere comunitario in concessione a carattere
commerciale.
Richiamata la
normativa nazionale, il ricorrente innanzitutto censura l'art. 6 della legge
provinciale, dal momento che questa disposizione prevede benefici anche per le
emittenti televisive, che non sono ricomprese tra le destinatarie delle
agevolazioni secondo l'art. 23 della legge n. 223 del 1990, ed individua le
trasmissioni meritevoli di tali benefici secondo requisiti che privilegerebbero
indebitamente le emittenti altoatesine rispetto a quelle delle altre Regioni.
La disparità
verrebbe poi accentuata dall'art. 7 attraverso l'aumento del contributo al 50% e
la correlazione alla "particolare situazione dell'Alto Adige", nonché
attraverso il riferimento ad una agenzia di stampa di lingua tedesca o ladina
della cui esistenza lo stesso legislatore dubita.
Conseguentemente,
il ricorrente contesta anche la legittimità dell'art. 3, comma 1, lettera c),
della legge provinciale che, pur facendo riferimento alle agevolazioni concesse
alle emittenti radiofoniche private locali che trasmettono programmi di pubblica
utilità ai sensi della legge n. 223 del 1990, estenderebbe il parere del
comitato provinciale per i servizi radiotelevisivi anche ai provvedimenti di
agevolazione disciplinati dagli artt. 6 e 7 della stessa legge provinciale.
Il ricorrente
deduce, infine, la violazione da parte delle norme impugnate degli artt. 3 e 21
della Costituzione, per avere le stesse norme introdotto una disciplina di
favore per emittenti caratterizzate dalla sola collocazione geografica e per
avere, di conseguenza, ridotto il pluralismo che deve ispirare la libertà di
espressione del pensiero.
2.- Nel giudizio
davanti alla Corte si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano per
chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, comunque, infondato.
La difesa della
Provincia contesta, innanzitutto, l'ammissibilità del ricorso rispetto all'art.
3, comma 1, lettera c), trattandosi di rilievo nuovo. A tal fine la Provincia
rileva che la censura del Governo espressa in sede di rinvio aveva ad oggetto la
lettera e) e non la lettera c) del comma 1 dell'art. 3. Tale censura, in sede di
riapprovazione della legge, era stata ritenuta infondata, essendo la lettera e)
riproduttiva dell'art. 7, comma 1, ultima proposizione, della legge n. 223 del
1990.
Nel merito,
secondo la resistente, il ricorso sarebbe infondato, dal momento che la
Provincia autonoma di Bolzano ha competenza primaria - ai sensi dell'art. 8,
numero 4, dello statuto speciale e dell'art. 7 delle relative norme di
attuazione (d.P.R. 1· novembre 1973, n. 691) - in materia di
"manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali...,
anche con i mezzi radiotelevisivi, esclusa la facoltà di impiantare stazioni
radiotelevisive".
La Provincia
sarebbe, quindi, competente ad erogare contributi ad emittenti radiofoniche e
televisive locali per "trasmissioni di particolare valore riguardanti
specifici problemi dell'Alto Adige" (ai sensi dell'art. 6) nonché
contributi sulla spesa per l'acquisizione di notizie da un'agenzia di stampa di
lingua tedesca o ladina (ai sensi dell'art. 7). Nel valutare queste norme,
secondo la difesa della Provincia, occorrerebbe, infatti, tener presente che
senza misure speciali le fonti locali di informazione, per la platea più
ristretta degli utenti, finirebbero per avere un trattamento sostanzialmente
peggiore delle fonti operanti su scala nazionale. Inoltre, nella scelta di come
sostenere e sviluppare le attività artistiche, culturali ed educative locali,
la Provincia non sarebbe tenuta ad adeguarsi alla legge n. 223 del 1990, dal
momento che le disposizioni della stessa non avrebbero efficacia di norme
fondamentali di riforma economico-sociale.
La resistente,
dopo aver rilevato che l'art. 23 della legge n. 223 del 1990 si riferisce a
contributi per la realizzazione di impianti e non di programmi, richiama,
infine, la sentenza di questa Corte n. 348 del 1990, nella quale sono state
ritenute legittime analoghe norme di sostegno all'informazione giornalistica e
radiotelevisiva, contenute nella legge della Regione Piemonte n. 52 del 1990.
3.- In prossimità
dell'udienza la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria che
amplia le deduzioni formulate nell'atto di costituzione in ordine alla
inammissibilità del ricorso.
In particolare,
secondo la Provincia, il ricorso sarebbe inammissibile nel suo complesso a causa
dell'indeterminatezza della delibera del Consiglio dei ministri relativa
all'impugnazione in questione, dal momento che tale delibera reca soltanto la
determinazione ad impugnare, senza ulteriori indicazioni che valgano a definire
l'oggetto della questione di costituzionalità.
Sarebbero anche
inammissibili - oltre che la questione relativa all'art. 3, comma 1, lettera c),
non contenuta nell'atto di rinvio governativo - le questioni relative agli artt.
6 e 7, dal momento che le censure formulate nel ricorso non corrisponderebbero a
quelle espresse nello stesso atto di rinvio. Si osserva, in proposito, che - a
differenza di quanto espresso nell'atto di rinvio - nel ricorso tali articoli
sono impugnati non solo perché prevedono l'estensione di benefici ad emittenti
diverse da quelle indicate negli artt. 16 e 23 della legge n. 223 del 1990, ma
anche perché non prevedono l'obbligo, per i destinatari delle agevolazioni, di
trasmettere per almeno il 50% dell'orario programmi originali autoprodotti che
abbiano riferimento ad istanze locali. Infine, sempre secondo la Provincia,
anche le censure relative agli artt. 3 e 21 della Costituzione sarebbero
inammissibili in quanto non presenti nell'atto di rinvio governativo.
Nel merito, la
Provincia ribadisce le argomentazioni svolte nell'atto di costituzione,
osservando in particolare che la disciplina prevista dagli artt. 23, comma 2, e
16, comma 5, della legge n. 223 del 1990 - di cui si lamenta la violazione - è
diretta ad assicurare particolari agevolazioni ad una specifica categoria di
emittenti, ma non è tale da escludere la possibilità di agevolazioni regionali
ulteriori a favore di altri tipi di emittenti.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente
del Consiglio dei ministri impugna gli artt. 3, comma 1, lettera c), 6 e 7 della
legge della Provincia autonoma di Bolzano riapprovata il 5 luglio 1995, recante
"Norme e provvidenze in materia di radiodiffusione".
Le disposizioni
impugnate prevedono la possibilità di contributi da parte della Provincia a
favore di emittenti radiofoniche e televisive locali per spese di produzione
relative a trasmissioni di particolare valore riguardanti specifici problemi
dell'Alto Adige (art. 6) ovvero per spese connesse all'acquisizione di notizie
da un'agenzia di stampa di lingua tedesca o ladina (art. 7) e richiedono il
parere del Comitato provinciale per i servizi radiotelevisivi sulle agevolazioni
disposte dalla stessa Provincia a favore delle emittenti radiofoniche private
locali che trasmettono programmi di pubblica utilità (art. 3, comma 1, lettera
c).
Secondo il
ricorrente tali disposizioni verrebbero a violare "le norme costituzionali
che regolano i rapporti tra la normativa nazionale e quella degli enti
territoriali minori (artt. 127 e 117 della Costituzione ed artt. 5 e 11 della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5)" nonché "il canone della
parità di trattamento (art. 3 Cost.) e quello della libera manifestazione del
pensiero (art. 21 Cost.)". Più in particolare, le norme impugnate
risulterebbero in contrasto con i principi espressi negli artt. 23, comma 2, e
16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223 - da ritenersi legge di riforma
economico-sociale - dove il potere di intervento delle Regioni e delle Province
autonome in tema di misure di sostegno della radiodiffusione sarebbe stato
limitato alle agevolazioni disposte a favore dei soli "concessionari
privati per la diffusione sonora a carattere comunitario in ambito locale",
con esclusione di ogni altra possibile categoria di emittenti.
2.- Vanno
innanzitutto esaminate le diverse eccezioni di inammissibilità sollevate dalla
difesa della Provincia resistente.
Secondo una
prima, e più radicale, eccezione il ricorso sarebbe inammissibile nel suo
complesso in quanto non sorretto da una delibera del Consiglio dei ministri
sufficientemente determinata.
L'eccezione non
è fondata. Se è vero, infatti, che l'estratto del verbale della riunione del
Consiglio dei ministri del 18 luglio 1995 fa soltanto un generico riferimento
alla "determinazione" di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale
la legge in questione, è anche vero che lo stesso verbale dà atto di una
relazione del Ministro per la funzione pubblica e per gli affari regionali, che
viene allegata (e che è stata prodotta in giudizio). Da tale relazione è dato
evincere elementi idonei a individuare, con sufficiente determinatezza,
l'oggetto del ricorso, sia con riferimento alle norme impugnate (artt. 3, 6 e 7)
che ai profili di impugnativa (violazione dei principi espressi negli artt. 23,
comma 2, e 16, comma 5, della legge n. 223 del 1990).
Appare infondata
anche l'eccezione sollevata con riferimento alle censure prospettate nei
confronti degli artt. 6 e 7, i cui motivi non troverebbero corrispondenza
nell'atto di rinvio governativo. In realtà, anche se il ricorso amplia i
profili di impugnativa enunciati in sede di rinvio, il motivo centrale della
doglianza viene pur sempre a ricalcare il contenuto schematico dell'atto di
rinvio, là dove deduce come vizio fondamentale il contrasto tra le disposizioni
impugnate ed i principi espressi in alcune norme della legge n. 223 del 1990,
intesa come legge di riforma economico-sociale e, pertanto, suscettibile di
limitare le competenze legislative, anche di tipo esclusivo, della Provincia.
Parimenti non
merita accoglimento l'eccezione di inammissibilità sollevata nei confronti
dell'impugnativa concernente l'art. 3, comma 1, lettera c), in quanto norma non
richiamata nell'atto di rinvio (dove si richiama, invece, l'art. 3, comma 1,
lettera e)). In proposito, va rilevato come l'errore materiale compiuto in sede
di rinvio non possa essere motivo di inammissibilità, una volta che lo stesso
risulti - come accade nella specie - di assoluta evidenza e agevolmente
emendabile, anche alla luce di una semplice lettura delle varie disposizioni
impugnate. E invero, mentre la lettera e) del comma 1 dell'art. 3 si presenta
del tutto estranea all'oggetto della controversia, la lettera c) dello stesso
comma viene, invece, a trovare un collegamento diretto (anche se parziale) con
quanto enunciato negli artt. 6 e 7.
Va, invece,
accolta l'eccezione formulata dalla stessa Provincia in ordine alla
inammissibilità dei profili di censura riferiti agli artt. 3 e 21 della
Costituzione. Tali profili non appaiono ricompresi nell'unico motivo espresso
con l'atto di rinvio né si presentano suscettibili di essere desunti, neppure
indirettamente, da tale atto. L'esigenza costantemente affermata dalla
giurisprudenza di questa Corte in ordine alla corrispondenza sostanziale tra
motivi del rinvio e motivi del ricorso, impedisce, quindi, di dare ingresso
all'esame dei profili in questione, dal momento che la Provincia non è stata
messa in condizione di poter conoscere, sin dalla fase del rinvio, i dubbi di
legittimità sollevati, al fine di poterli superare in sede di riesame della
legge ovvero di poterne contestare la fondatezza al momento della sua
riapprovazione (v. sentenze n. 102 del 1989 e n. 726 del 1988).
Pur in assenza di
una specifica eccezione, vanno, infine, dichiarate inammissibili le censure
formulate con riferimento agli artt. 117 e 127 della Costituzione, in quanto
parametri non pertinenti ai termini della controversia, che investe competenze
che trovano specifico fondamento nello statuto speciale del Trentino-Alto Adige.
3.- La questione
dev'essere, pertanto, delimitata al solo profilo del rispetto da parte della
legge provinciale dei limiti statutari, limiti che risulterebbero violati dalle
norme impugnate, in conseguenza della loro non conciliabilità con i principi
espressi negli artt. 23, comma 2, e 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n.
223, intesa come legge di riforma economico-sociale.
In relazione a
questo profilo - che è il solo sottoponibile a scrutinio - la questione non è
fondata.
A questo
proposito va rilevato che le censure formulate nei confronti degli artt. 6 e 7
(e, conseguenzialmente, dell'art. 3, comma 1, lettera c)) della legge
provinciale trovano, nella sostanza, il loro fondamento nell'interpretazione che
il ricorrente adotta nei confronti dell'art. 23, comma 2, della legge n. 223 del
1990, cioè nel fatto di ritenere che la norma ivi espressa - prevedendo una
particolare ipotesi d'intervento regionale in tema di misure di sostegno alla
radiodiffusione (nella forma di agevolazioni a favore dei concessionari privati
per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario in ambito locale, con
riferimento particolare alla copertura dei costi di installazione e gestione
degli impianti) - abbia inteso escludere ogni possibilità di interventi di
natura diversa da parte delle Regioni o delle Province autonome nel settore in
esame. Questa interpretazione - che, ai fini dell'impugnativa, precede la stessa
qualificazione della legge n. 223 del 1990 quale legge di riforma
economico-sociale - non può essere condivisa, dal momento che l'art. 23, comma
2, della legge n. 223, più che delimitare le competenze regionali (o
provinciali) in materia di radiodiffusioni, ha voluto soltanto indicare la
possibilità che talune emittenti (e cioè quelle radiofoniche private di
carattere comunitario), in relazione alla naturale diffusione dei loro messaggi
in un ambito locale, siano in grado di trovare sostegno in interventi
agevolativi adottati dalle Regioni (o Province autonome) interessate. Tale
previsione non esclude, peraltro, la possibilità di ulteriori e diverse misure
di sostegno, una volta che le stesse possano trovare il loro fondamento in
competenze statutarie o in principi di ordine costituzionale.
Ora, per quanto
concerne la Provincia autonoma di Bolzano, il fondamento idoneo a giustificare
la competenza esercitata mediante le norme che formano l'oggetto
dell'impugnativa può essere individuato nell'art. 8, numero 4, del d.P.R. 31
agosto 1972, n. 670 (Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dove si riferisce alla stessa
Provincia una potestà legislativa di tipo esclusivo in tema di
"manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali,....
anche con i mezzi radiotelevisivi, esclusa la facoltà di impiantare stazioni
radiotelevisive". In tale disposizione può, infatti, rinvenirsi un
supporto adeguato alle previsioni espresse negli artt. 6 e 7 della legge
impugnata, una volta che si consideri che i contributi di cui all'art. 6 sono
diretti a sostenere le spese di produzione per "trasmissioni di particolare
valore riguardanti specifici problemi dell'Alto Adige" (e pertanto
riconducibili alla categoria delle "manifestazioni ed attività"
richiamate nella norma statutaria) e che i contributi di cui all'art. 7
attengono all'acquisizione di informazioni connesse alla vita ed alla cultura
locale. Non senza considerare - rispetto a questa seconda disposizione, che
investe specificamente il settore dell'informazione - che la giurisprudenza
costituzionale ha già avuto modo di sottolineare come l'informazione, nei suoi
risvolti attivi e passivi, esprima non tanto una materia, quanto una
"condizione preliminare" o un "presupposto insopprimibile"
per l'attuazione ad ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello
Stato democratico, con la conseguenza che "nell'ambito di tale forma,
qualsivoglia soggetto od organo rappresentativo investito di competenze di
natura politica non può, pur nel rispetto dei limiti connessi alle proprie
attribuzioni, risultare estraneo all'impiego dei mezzi di comunicazione di
massa" (sentenza n. 348 del 1990).
4.- Dalla
constatazione dell'infondatezza della questione sollevata nei confronti degli
artt. 6 e 7, discende, come conseguenza, anche l'infondatezza dell'impugnativa
formulata nei confronti dell'art. 3, comma 1, lettera c), della legge in esame,
stante la strumentalità di questa norma rispetto alle precedenti, nonché
l'assenza di specifici motivi di censura riferiti alla stessa. E questo anche a
prescindere dalla portata più limitata che la norma in questione - concernente
soltanto le agevolazioni concesse a favore delle emittenti radiofoniche private
locali che trasmettono programmi di pubblica utilità - viene a presentare
rispetto alle altre.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma
1, lettera c), 6 e 7 della legge della Provincia autonoma di Bolzano riapprovata
il 5 luglio 1995, recante "Norme e provvidenze in materia di
radiodiffusione", sollevata, con il ricorso di cui in epigrafe, dal
Presidente del Consiglio dei ministri in relazione agli artt. 3, 21, 117 e 127
della Costituzione;
dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale delle stesse disposizioni,
sollevata con lo stesso ricorso, in relazione agli artt. 5 e 11 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948 n. 5 (Statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige) e con riferimento agli artt. 23, comma 2, e 16, comma 5, della legge 6
agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato).
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
Presidente: Avv.
Mauro Ferri
Relatore: Prof.
Enzo Cheli