EUROPA

 

Legge Gasparri: ecco perché è incostituzionale e riduce il pluralismo/1

Il diritto violato

 

di ANTONIO MACCANICO

 L’approvazione da parte del senato in via definitiva della legge Gasparri sul sistema radio televisivo è stata salutata con grande esultanza in casa Mediaset, ove si ha certamente più di un motivo di soddisfazione. Accanto alla notizia dell’approvazione della legge spiccavano giorni fa infatti nelle pagine economiche dei maggiori quotidiani nazionali i significativi risultati eccezionalmente positivi dei conti economici del gruppo. Questa impennata dei profitti è tanto più degna di nota e di riflessione in quanto si versa, come è risaputo, in un periodo di vacche assai magre quasi per tutti gli altri protagonisti del sistema produttivo nazionale. Che il gruppo mediatico del presidente del consiglio goda di buona salute non è certo una notizia negativa. Ma è tuttavia motivo di vivo stupore confrontare il tripudio casalingo di Mediaset con i commenti di quasi tutti i grandi giornali considerati indipendenti sulla legge Gasparri: commenti preoccupati, fortemente critici, allarmati.
Tutte le più autorevoli voci del giornalismo italiano, i maggiori uomini di cultura sono concordi su una linea di severa opposizione.
Anche chi si sforza di apparire oggettivo, non pregiudizialmente schierato, alterna giudizi flebilmente positivi su aspetti marginali della legge a valutazioni ben altrimenti pesanti sui punti nodali del provvedimento e sulla condizione personale del presidente del consiglio. Ne deriva un panorama desolante: da una parte un trionfalismo sfacciato del gruppo dominante nel campo dei media, che si sente ormai padrone del parlamento con l’uni ficazione in un solo vertice personale degli interessi economici del gruppo e di quelli politici del leader; dall’altra una società politica e civile, una cultura che si vede minacciata e minata nei principi elementari di una democrazia moderna, che nel pluralismo dell’informazione trova il suo sostegno essenziale ed irrinunciabile.
La verità è che la legge Gasparri è il punto di approdo di una vicenda pluriennale che ha visto da una parte il sistema istituzionale, in particolare la Corte costituzionale, elaborare tenacemente, pazientemente, con intelligenza e sensibilità una dottrina assai limpida applicativa dell’articolo 21 della Costituzione sul pluralismo dell’informazione adeguandola ai mutamenti profondi che sono avvenuti nel campo dei mezzi di comunicazione di massa; le Autorità indipendenti della concorrenza e delle garanzie nelle telecomunicazioni svolgere le loro funzioni con fermezza; dall’altra una evoluzione legislativa torpida tutta intesa ad eludere gli insegnamenti della Corte, ad aggirare le indicazioni più stringenti e a salvaguardare e consolidare ad ogni costo gli equilibri esistenti, e cioè il duopolio, le posizioni dominanti senza scalfirle.
Anche le direttive comunitarie che si sono susseguite a difesa della concorrenza e delle regole del mercato in questo campo sono state ignorate totalmente.
Ne è derivato un assetto nel quale, per il presente, finché sarà prevalente la tecnologia analogica e la televisione generalista il duopolio diventato monopolio avrà vita felice, non subirà lesioni; per il futuro, con l’avvento della tecnologia digitale terrestre (quando sarà, forse non prima di un decennio) sono state poste tutte le condizioni perché la posizione dominante possa perpetuarsi senza contraccolpi.
Il sistema integrato delle comunicazioni dilatato fino all’inverosimile definisce un mercato rilevante di dimensioni planetarie nel quale naufragherà qualsiasi norma antitrust.
L’attribuzione delle frequenze in modo tutt’altro che trasparente ed equo. I termini del periodo transitorio prorogati verso un futuro indefinito, in contrasto con le sentenze della Corte costituzionale.
La concentrazione delle risorse pubblicitarie accentuata a danno della carta stampata; una falsa privatizzazione della Rai che la lascia sempre più alla mercé del governo e della maggioranza parlamentare.
Sono tutti i tasselli di questa costruzione edificata al solo scopo di perpetuare l’esistente.
Agli esultanti di Mediaset è bene ricordare che siamo comunque immersi in uno spazio giuridico europeo, che la Corte costituzionale esiste ancora, che le maggioranze parlamentari non sono onnipotenti.
Ed è bene ricordare altresì che la solidità finanziaria ed economica, la prosperità di una impresa che sia fondata solo su una posizione dominante o sul suo abuso è fragile e precaria. Il vento salutare della concorrenza, del mercato e del pluralismo che inevitabilmente soffierà sempre più forte irrobustirà le piante che in tale contesto vivono e le rende competitive, eliminerà quelle che prosperano solo al riparo di barriere e di protezioni.