La Stampa 17 dicembre 2003
I margini
sono stretti
17 dicembre 2003
di Massimo Luciani
Ci si chiede, ora, cosa sia possibile fare dopo il rinvio della legge Gasparri
alle Camere. Per la verità, sarebbe stato più prudente rispondere
immediatamente, con un intervento legislativo rapido e adeguato, alla sentenza
con la quale la Corte Costituzionale, più di un anno fa (era il 20 novembre
2002), dichiarò incostituzionale la mancanza di un termine finale del regime
transitorio previsto dalla l. n. 249 del 1997, fissando la data del 31 dicembre
2003 per la sua fine. Si è arrivati, invece, a ridosso della scadenza, e adesso
il tempo stringe.
Avanza l'ipotesi di un decreto legge, i cui obiettivi principali dovrebbero
essere il "salvataggio" di Rete 4 e il rimedio alla possibile
riduzione degli introiti pubblicitari per la Rai. E' un'ipotesi sicuramente
praticabile, ma nel rispetto di precise compatibilità. Per capire quali siano i
margini di manovra è indispensabile ricordare cosa hanno detto la Corte
costituzionale e il Presidente della Repubblica.
La Corte ha affermato che una riforma del sistema della comunicazione può
senz'altro prevedere un regime transitorio, ma ha anche detto che la fase di
transizione deve avere un termine certo e definitivo. Un termine, soprattutto,
"non eludibile". La soluzione di una proroga della scadenza di fine
anno o anche dell'apertura di una nuova fase transitoria, allora, non si può
prospettare.
Quanto al capo dello Stato, nel messaggio di rinvio si dice chiaramente che il
primo gennaio 2004 non può essere l'inizio di un nuovo regime transitorio, e
questo è pienamente coerente con la sentenza della Corte Costituzionale. Se non
può essere questo, però, il primo gennaio 2004 può essere qualcosa di
diverso, e cioè - scrive Ciampi nel suo messaggio - il giorno iniziale della
"attuazione" delle "modalità di cessazione" del regime
transitorio. E' lo stesso messaggio presidenziale che indica, in questo modo, la
strada da percorrere: escluse proroghe e ulteriori transizioni, oggi si deve
pensare a come far cessare il vecchio regime transitorio, evidentemente senza
inutili sacrifici o pregiudizi. E' ovvio che anche per attuare la cessazione
occorrerà del tempo, ma concettualmente non si tratterà di una proroga (che
sarebbe illegittima), bensì di un meccanismo tecnico per arrivare al risultato
imposto dalla Corte Costituzionale.
Non sarà certo un compito agevole, per il Governo, inventare un decreto legge
capace di quadrare il cerchio, ma sarà un compito ineludibile. Anche perché il
decreto dovrebbe essere pur sempre emanato dal capo dello Stato, e ancora il
capo dello Stato dovrebbe promulgare la relativa legge di conversione. Il
Presidente Ciampi ha già avuto modo di rinviare, nel 2002, una legge di
conversione di un decreto legge, sicché questa è un'ipotesi in astratto sempre
aperta. Ma credo non ci sia nessuno che possa seriamente augurarsi anche il solo
rischio di un nuovo rinvio.