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10 – 0ttobre 2003
di Giuseppe De Cesare
Il ddl Gasparri torna dunque al Senato e la navette potrebbe continuare. L’emendamento all’art. 10, passato alla Camera grazie ai franchi tiratori e ai “mal di pancia” nella maggioranza (quello che prevede che i minori di 14 anni non possano più essere utilizzati in spot e televendite) ha creato degli altri scontenti, i pubblicitari che chiedono a gran voce una modifica al Senato e quindi un ritorno del ddl, in quinta lettura, alla Camera. A questo punto ci sarebbe il rischio che il ddl rimanga bloccato nell’ingorgo della Finanziaria e quindi, c’è da scommettere, la maggioranza farà di tutto per tacitare temporaneamente gli interessi dei pubblicitari. La maggioranza ha fretta di chiudere la partita. Il problema vero è quello di aggirare il termine del 31 dicembre, fissato dalla Corte costituzionale per evitare il trasferimento sul satellite di Rete4 in base alla normativa antitrust. Si prospetta poi la strada del ricorso ad un decreto per sanare l’illegittimità già dichiarata dalla Corte costituzionale del comma 14 dell’art. 23 che riguarda la realizzazione materiale delle reti digitali terrestri che costituisce l’evento tecnologico a cui dichiara di ispirarsi l’intera legge. Quel comma infatti si richiama al decreto legislativo n. 198 del 4 settembre 2002 dichiarato incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n.303 del 1° ottobre scorso, proprio nel bel mezzo della discussione alla Camera. Ma queste sono minuzie, forse incomprensibili ai più. La maggioranza ha fretta. La legge è nata blindata e rimarrà blindata, sorda a qualsiasi argomento critico, tecnico o Costituzionale, perché persegue ben precisi interessi, materiali e simbolici.
Non è un caso che le voci critiche e preoccupate rispetto ad una normativa così tecnica, ma che va ad incidere così profondamente nel futuro del pluralismo dell’informazione e della qualità stessa della nostra democrazia, siano andate via aumentando, mettendo assieme i soggetti più disparati, oltre alle opposizioni: il sindacato giornalisti (http://www.fnsi.it/Ddl_Gasparri_Sommario.htm), la federazione degli editori (http://www.fieg.it/index.asp?pagina=documenti/documenti.asp), le Authoritis (http://www.agcm.it), un numero crescente di costituzionalisti (http://www.articolo21liberidi.org/) e, da ultimo, persino il garbatissimo cardinal Ruini (http://www.rassegna.it/2003/esperti/cartevaticane/ruini.htm) . Sono numerosi i profili di incostituzionalità contenuti nel ddl Gasparri. Il contrasto riguarda, per sommi capi, le norme costituzionali e le sentenze della Corte costituzionale sul pluralismo dell’informazione, l’antitrust, il divieto di controllo governativo sul Servizio pubblico, gli indirizzi della Corte costituzionale in materia di privatizzazione della Rai, ma anche l’espropriazione del Parlamento da parte del Governo in materia di delega sulle libertà fondamentali, il nuovo titolo V della Costituzione ed anche le direttive europee in materia. Gran parte di questi temi costituiscono il contenuto dell’inascoltato Messaggio del Capo dello Stato alle Camere del 22 luglio dell’anno scorso. Già, il Messaggio del Capo dello Stato. In molti si domandano se il Presidente Ciampi firmerà la legge o meno. Non è una questione da bookmakers. E’ un grave e complesso problema costituzionale che rischia di innescare un cortocircuito istituzionale dagli esiti quanto mai incerti: una situazione ancor più complessa di quella venutasi a creare sulla Cirami. Il ddl Gasparri insomma è come un Cavallo di Troia che oltre che ad incidere pesantemente sul futuro del sistema delle comunicazioni nel nostro paese rischia di innestare un conflitto, dagli esiti quanto mai incerti, ai vertici dello Stato, per non dimenticare la procedura di infrazione per violazione dell’art. 7 del Trattato che potrebbe arrivare dall’Unione europea.