Può
darsi, anzi è assai probabile, che questo aspetto sfugga all´attenzione
dei più. Può darsi anche – ma personalmente non lo credo, anzi credo
esattamente il contrario – che i sostenitori della Gasparri non siano
pienamente consapevoli della catena di conseguenze che essa sta mettendo
in moto. Ma tutto ciò non cambia la natura delle cose: la Gasparri è il
braccio di leva spregiudicatamente usato per far saltare le ultime
resistenze che ancora si oppongono alla dittatura della maggioranza. Siamo
dunque molto al di là di una legge settoriale che sicuramente accrescerà
la già enorme ricchezza di un´azienda, di una famiglia, di una persona.
Per queste ragioni mi pare utile esaminare quale scenario si può aprire
nei prossimi giorni, nel momento in cui il disegno di legge sarà stato
trasformato dal voto delle Camere in legge dello Stato e il testo arriverà
sulla scrivania del presidente per esser da lui firmato e promulgato.
* * *
Il presidente della Repubblica non può e non deve giudicare le decisioni
del potere legislativo sulla base del merito, cioè se siano a suo
giudizio buone o cattive ai fini del cosiddetto interesse generale. Usare
questo criterio gli è precluso. Egli può esprimere la sua opinione in un
messaggio (nella fattispecie l´ha già fatto) auspicando e suggerendo un
indirizzo, ma nulla di più. Può invece richiamare l´attenzione del
Parlamento su una legge da esso approvata rimandandola indietro senza
averla firmata quando ravvisi la sua palese incostituzionalità. State
attenti a quell´aggettivo: palese. Se l´incostituzionalità non è
palese ma controversa il presidente deve firmare; un giudizio più
approfondito e definitivo verrà poi espresso dalla Corte costituzionale
se essa verrà chiamata a giudicare nelle previste forme procedurali.
Non c´è contraddizione tra la firma del presidente e l´eventuale
pronuncia d´incostituzionalità della Corte poiché il primo giudica solo
sull´incostituzionalità palese, la seconda invece sulla congruità
sostanziale dell´atto parlamentare alla Costituzione.
Quanto al Parlamento, qualora la sua legge gli venga rinviata dal
presidente, esso può seguire due strade: accogliere i rilievi del capo
dello Stato ed emendare la legge, oppure rispedirgliela confermandone
integramente il testo. In questo secondo caso il capo dello Stato ha l´obbligo
di firmare e promulgare. Sono cose note, ma è bene ripeterle perché
siano chiare a tutti e senza equivoci.
Veniamo al caso specifico, cioè alla legge Gasparri. Per alcuni
costituzionalisti essa è palesemente incostituzionale per il semplice
fatto che contraddice una sentenza della Corte. La Corte ha stabilito un
anno fa che una delle tre reti Mediaset deve cessare di trasmettere via
etere entro il 31 dicembre di quest´anno; la Gasparri proroga invece la
scadenza senza stabilire una data certa di cessazione. Rendere inoperante
una sentenza della Corte è una palese violazione della Costituzione, ergo
il presidente non deve firmare.
Naturalmente altri costituzionalisti argomentano in modo diverso. Le forze
politiche sono divise, l´opinione pubblica anche. Quanto al capo dello
Stato la responsabilità della decisione, il giudizio su quell´aggettivo
«palese» è unicamente suo. Poi il Parlamento deciderà.
Tutto è dunque chiaro, tutto è previsto in Costituzione; dal punto di
vista giuridico la mancata firma non è uno schiaffo dato al Parlamento ma
il corretto esercizio di una facoltà, così come la conferma della legge
da parte delle Camere non è uno schiaffo al presidente ma l´esercizio di
un diritto da parte del potere legislativo. Dopo di che la vita
costituzionale riprende il suo normale corso in attesa dell´eventuale
sentenza – quella sì, definitiva e non appellabile in nessun modo –
della Corte costituzionale.
* * *
Ho ricordato, spero con chiarezza, le varie tappe di questa complessa
procedura dal punto di vista giuridico-formale. Ma non c´è dubbio che al
di sotto di essa esista un contenuto politico che non si può fingere di
non vedere.
In fondo ciò che il presidente chiede – per quanto è dato di capire
– è che il Parlamento scavalchi la data fissata dalla Corte stabilendo
però un´altra data certa e non remota. Il ministro Gasparri sostiene che
questa data certa si "induce" tra le righe del suo testo; se così
fosse perché allora non modificare il testo rendendo esplicita e chiara l´induzione?
Il rifiuto a compiere questa semplicissima operazione suscita il legittimo
sospetto che quell´induzione, arrivati al punto, possa ancora una volta
(e sarebbe l´ennesima) scavalcata rendendo definitivo il precario. Non è
con questa modalità, consentita dalla ferrea amicizia di Bettino Craxi,
che fu edificato l´impero mediatico di Silvio Berlusconi? Alla faccia
delle leggi, delle sentenze della Corte, del mercato e della libera
concorrenza? Il fatto che un imprenditore riottoso di fronte alla legalità
sia diventato attraverso libere elezioni presidente del Consiglio dovrebbe
averlo reso rispettoso dell´autorità della legge; invece non pare sia
stato così, almeno in materia di pluralismo dell´informazione.
Questi, naturalmente, sono punti di vista miei e di chi la pensa come me.
Non mi scandalizzo che altri la pensino diversamente. Ma la questione
politica esiste in tutta la sua rilevanza: se il presidente rifiuta la
firma, il Parlamento gli risponderà obbligandolo a firmare «contro
coscienza»? Come si comporteranno le forze politiche che fanno parte
della Casa delle Libertà? Il partito di Follini e quello di Fini nelle
cui file si sono manifestati segnali di disagio sulla Gasparri e che hanno
votato per disciplina di coalizione e «turandosi il naso» sceglieranno
ancora una volta la blindatura imposta da Forza Italia e butteranno dalla
torre Ciampi per ottemperare agli ordini di Berlusconi? Con quali riflessi
sulla pubblica opinione quando sarà chiamata a votare?
* * *
Alcuni osservatori immaginano il seguente scenario: Ciampi non firma la
legge, il Parlamento la conferma e gliela rimanda indietro, Ciampi la
firma e si dimette, il Parlamento accetta le dimissioni ed elegge
Berlusconi al Quirinale.
Se questo fosse lo scenario – dicono altri osservatori – sarebbe bene
che Ciampi, «turandosi anche lui il naso» firmasse; meglio infatti la
Gasparri promulgata che Berlusconi al Quirinale.
Altri osservatori ancora (l´Italia ne è piena) dicono: Forza Italia
intimidisce Ciampi proprio facendo suoi questi ragionamenti; per
conseguenza si sta tentando di estorcere la firma del capo dello Stato
facendogli balenare uno scenario tale da consigliargli di cedere.
Tutto ciò naturalmente dà per certo che la maggioranza berlusconiana
resti di acciaio inossidabile anche nel caso d´un conflitto di questo
rilievo. Ma aggiungo: tutto ciò si basa anche sul fatto che il presidente
sia fatto di una pasta diversa da quella che è propriamente la sua.
Inviterei dunque i vari osservatori a rifletter bene su questo punto che
è di capitale importanza, visto che anche le firme costituzionali, date o
non date, dipendono dalla mano di chi le appone.
* * *
Forse io mi sbaglio e pazienza, ma io la vedo così: 1) Il Presidente
firmerà o non firmerà secondo che il testo della legge sia «palesemente»
incostituzionale oppure no. È lui che decide su questo punto e solo lui.
Non credo che faccia altre considerazioni. Una delle sue massime è sempre
stata: «Fai ciò che la coscienza ti detta» .
2) Se decidesse di non firmare e il Parlamento dal canto suo confermasse
il testo originario, il presidente adempirà all´obbligo costituzionale
ma non si dimetterà. Dimettersi equivarrebbe infatti a disconoscere il
dettato previsto in Costituzione e sarebbe un atto di arroganza e non è
nella sua natura.
3) Il botta e risposta tra Quirinale e Parlamento non sarebbe privo di
effetti sulla pubblica opinione e sulla stessa maggioranza parlamentare.
Ma qui entriamo nella teoria dei giochi, che non credo abbia adito nei
comportamenti di Carlo Azeglio Ciampi, che non è e non vuole essere un
uomo politico ma il custode delle istituzioni.
Può darsi che io mi sbagli, l´ho già detto, nel valutare uomini e cose.
Un amico mi ha raccontato di un suo colloquio con un importante uomo
politico di destra. Il mio amico suggeriva all´uomo politico di
comportarsi in modo «sportivo» ma ne ebbe questa risposta: «Tu sarai
pure sportivo, ma noi semo figli de una m...» .
Se non è vera è ben trovata. C´è sempre un imponderabile a determinare
le vicende politiche e quello sfugge per definizione ad ogni ragionamento.
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