SENTENZA N.167
ANNO 2004
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
-
Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
-
Valerio ONIDA Giudice
-
Carlo MEZZANOTTE “
-
Fernanda CONTRI “
-
Guido NEPPI MODONA “
-
Piero Alberto CAPOTOSTI “
-
Annibale MARINI “
-
Franco BILE “
-
Giovanni Maria FLICK “
-
Francesco AMIRANTE “
-
Ugo DE SIERVO “
-
Romano VACCARELLA “
-
Paolo MADDALENA “
-
Alfonso QUARANTA“
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 2 e 3 della
legge della Regione Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n. 30 (Norme concernenti la
localizzazione degli impianti fissi per l’emittenza radio e televisiva e di
impianti per la telefonia mobile), promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri, notificato il 24 gennaio 2003, depositato in cancelleria
il 3 febbraio 2003 ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2003.
Visto
l’atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna, nonché l’atto di
intervento della TIM - Telecom Italia Mobile s.p.a.;
udito
nell’udienza pubblica del 23 marzo 2004 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi l’avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato Giuseppe de Vergottini per la TIM - Telecom Italia Mobile s.p.a.
Ritenuto in fatto
1.
¾
Con ricorso notificato il 24 gennaio e depositato il successivo 3 febbraio 2003,
il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità
costituzionale, in via principale, degli artt. 1, commi 1 e 2, 2 e 3 della legge
della Regione Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n. 30 (Norme concernenti la
localizzazione degli impianti fissi per l’emittenza radio e televisiva e di
impianti per la telefonia mobile).
Il
ricorrente muove dalla premessa che la legge regionale impugnata costituisca
espressione della potestà legislativa concorrente in materia di ordinamento
della comunicazione (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e contesta la
violazione, da parte di essa, dei principî fondamentali stabiliti dalla
legislazione statale. In particolare il comma 1 dell’art. 1, nell’estendere
tutte le disposizioni della legge regionale alle infrastrutture di
telecomunicazioni definite strategiche dal decreto legislativo 4 settembre 2002,
n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture
di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese,
a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443),
contrasterebbe con il principio fondamentale fissato nell’art. 3, comma 1, del
menzionato d.lgs. n. 198 del 2002, il quale prevede che “le categorie di
infrastrutture di telecomunicazioni, considerate strategiche ai sensi
dell’articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono opere di
interesse nazionale, realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure
definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui
all’articolo 8, comma 1, lettera c),
della legge 22 febbraio 2001, n. 36”.
L’incostituzionalità
dell’art. 1, comma 1, comporterebbe poi l’illegittimità costituzionale
delle disposizioni, ad esso collegate, di cui all’art. 3, commi 1 e 2, della
legge regionale oggetto di censura.
Quanto
al comma 2 dello stesso art. 1, il quale prevede che per la localizzazione e
realizzazione delle infrastrutture strategiche “continuano a trovare
applicazione le disposizioni regionali in materia di pianificazione territoriale
ed urbanistica e in materia di trasformazione edilizia”, esso contrasterebbe
con il principio fondamentale contenuto nell’art. 3, comma 2, del medesimo
d.lgs. n. 198 del 2002, a mente del quale le infrastrutture definite
strategiche, ad eccezione delle torri e dei tralicci relativi alle reti di
televisione digitale terrestre e ferme restando le disposizioni a tutela dei
beni ambientali e culturali e quelle a tutela delle servitù militari, “sono
compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni
parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad
ogni altra disposizione di legge o di regolamento”.
Il ricorrente denuncia infine l’art. 2 della legge regionale n. 30 del 2002, il quale reca modificazioni a talune norme (in particolare ai commi 7, 8 e 9) dell’art. 8 della legge regionale 31 ottobre 2000, n. 30, riguardanti il regime delle autorizzazioni per tutti gli impianti fissi di telefonia mobile.
La
disposizione, nel modificare il precedente regime autorizzatorio, contrasterebbe
con l’art. 5 del d.lgs. n. 198 del 2002, il quale, stabilendo una nuova ed
uniforme disciplina per i “procedimenti autorizzatori relativi alle
infrastrutture di telecomunicazioni per impianti radioelettrici”, costituisce
principio fondamentale in materia di ordinamento della comunicazione, che deve
trovare attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale, sia per la forte
caratterizzazione unitaria della materia, sia in considerazione della formazione
del catasto nazionale delle sorgenti elettromagnetiche di origine industriale
prevista dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 198 del 2002.
2.
¾
Si è costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna chiedendo che la
questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
3.
¾
Con atto depositato fuori termine è intervenuta ad
adiuvandum del Presidente del Consiglio la TIM - Telecom Italia Mobile s.p.a.,
licenziataria per l’installazione e l’esercizio degli impianti di
telecomunicazioni per l’espletamento del servizio pubblico di radiomobile in
tecnica GSM e UMTS e titolare di infrastrutture e di telecomunicazioni cui la
Regione Emilia-Romagna ha esteso l’applicazione della legge n. 30 del 2002.
4.
¾
In prossimità dell’udienza pubblica del 23 marzo 2004 la Regione
Emilia-Romagna ha presentato una memoria nella quale conclude per
l’inammissibilità dell’intervento spiegato dalla TIM e per la infondatezza
del ricorso.
Quanto
all’intervento, si osserva che esso è stato compiuto oltre il termine
previsto per la costituzione in giudizio.
Relativamente
al merito del ricorso, la Regione sostiene che il contrasto denunciato
dall’Avvocatura fra la legge regionale n. 30 del 2002 ed il d.lgs. n. 198 del
2002 dovrebbe dirsi a priori escluso
a seguito della intervenuta declaratoria di illegittimità dell’intero d.lgs.
n. 198 del 2002 con la sentenza di questa Corte
n. 303 del 2003. La difesa regionale non ignora che, con il d.lgs. 1°
agosto 2003, n. 259, è stato approvato il “Codice delle comunicazioni
elettroniche”, ma ritiene che esso non rilevi ai fini del presente giudizio in
quanto, essendo posteriore alla legge regionale impugnata, i rapporti tra la
sopravvenuta fonte statale e la fonte regionale pongono “al più un problema
di individuazione della fonte applicabile, e in ogni caso non un problema di
legittimità costituzionale”. Peraltro, si prosegue nella memoria, il d.lgs.
n. 259 del 2003 non si sovrappone integralmente al d.lgs. n. 198 del 2002, tanto
che quest’ultimo non figura tra i numerosi atti normativi espressamente
abrogati dal codice stesso.
5. ¾ Nella pubblica udienza del 23 marzo 2004 l’Avvocatura dello Stato ha insistito per l’accoglimento del ricorso, negando che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale del d.lgs. n. 198 del 2002 abbia privato la questione proposta del parametro di legittimità costituzionale in essa invocato. Secondo la difesa erariale il Codice delle comunicazioni elettroniche, nel riprodurre in larga parte il contenuto normativo del d.lgs. n. 198 del 2002, lo avrebbe tacitamente abrogato e si porrebbe ora quale nuovo principio fondamentale della materia, idoneo a costituire limite di legittimità della legislazione regionale oggetto di censura. Il rinvio al d.lgs. n. 198 del 2002 che compare nell’art. 1 della legge regionale impugnata sarebbe dunque ora da intendere come riferito al d.lgs. n. 259 del 2003. La difesa della Regione Emilia-Romagna ha replicato che non potrebbe considerarsi sussistente alcuna continuità normativa fra il d.lgs. n. 198 del 2002 e il Codice, poiché, con la dichiarazione di illegittimità costituzionale, il decreto n. 198 del 2002 è stato caducato ex tunc. Sarebbe venuto in tal modo a mancare un requisito essenziale per la rituale proposizione del ricorso, che dovrebbe essere dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
1. ¾ Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 1, commi 1 e 2, 2 e 3 della legge della Regione Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n. 30 (Norme concernenti la localizzazione degli impianti fissi per l’emittenza radio e televisiva e di impianti per la telefonia mobile). Se ne denuncia il contrasto con i principî fondamentali stabiliti dalla legislazione statale, e specificamente recati dagli artt. 3, commi 1 e 2, e 5 del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443).
Il
comma 1 dell’art. 1 della legge regionale n. 30 del 2002, nel prevedere che
essa si applichi alle “infrastrutture di telecomunicazioni definite
strategiche” dal d.lgs. n. 198 del 2002, violerebbe il principio posto
dall’art. 3, comma 1, di tale decreto, il quale stabilisce che quelle
infrastrutture siano realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure
definite dal medesimo decreto. Per la stessa ragione sarebbe incostituzionale
pure l’art. 3, commi 1 e 2, della legge oggetto di impugnazione.
Quanto
all’art. 1, comma 2, il quale stabilisce che per la localizzazione e
realizzazione delle infrastrutture strategiche “continuano a trovare
applicazione le disposizioni regionali in materia di pianificazione territoriale
ed urbanistica e in materia di trasformazione edilizia”, esso contrasterebbe
con il principio fondamentale contenuto nell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n.
198 del 2002. Le infrastrutture strategiche sono infatti qualificate come
“compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica” e “realizzabili in
ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e
ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento”.
Infine
l’art. 2 della legge regionale n. 30 del 2002, nel modificare il regime
autorizzatorio per tutti gli impianti fissi di telefonia mobile, contrasterebbe
con l’art. 5 del d.lgs. n. 198 del 2002, il quale detta una nuova ed uniforme
disciplina per i “procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di
telecomunicazioni per impianti radioelettrici”.
2.
¾
Deve preliminarmente essere dichiarata l’inammissibilità dell’intervento
spiegato, peraltro tardivamente, dalla TIM - Telecom Italia Mobile s.p.a. Va
infatti ribadito il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale
nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale non è ammessa la
presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà
legislativa il cui esercizio è oggetto di contestazione (cfr., da ultimo,
sentenze n. 338, n.
315, n. 307
e n. 303 del
2003; n. 533
e n. 510 del 2002;
n. 382 del 1999).
3.
¾
La questione è inammissibile.
La
legge regionale n. 30 del 2002, nella prospettazione del ricorrente,
rappresenterebbe esercizio della potestà legislativa ripartita in materia di
ordinamento della comunicazione. L’Avvocatura dello Stato ne assume il
contrasto con i principî fondamentali della materia, contenuti nel d.lgs. n.
198 del 2002 e, segnatamente, nell’art. 3, comma 1, in tema di infrastrutture
strategiche, nell’art. 3, comma 2, concernente la realizzabilità in deroga ad
ogni disposizione di legge o regolamento delle predette infrastrutture, ivi
compresa la legge quadro sulle emissioni, e nell’art. 5, in tema di
procedimenti autorizzatori di infrastrutture radioelettriche.
Il
predetto decreto legislativo, con la sentenza
n. 303 del 2003, è stato tuttavia dichiarato costituzionalmente illegittimo
nella sua interezza, per contrasto con l’art. 76 Cost. In quella occasione si
è osservato che l’art. 1, comma 2, della legge n. 443 del 2001, che figura
nel titolo del d.lgs. n. 198 del 2002 ed è richiamato nel preambolo, ha
conferito al Governo il potere di individuare infrastrutture pubbliche e private
e insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale a mezzo di un
programma formulato su proposta dei Ministri competenti, sentite le Regioni
interessate ovvero su proposta delle Regioni sentiti i Ministri competenti.
Proprio la estraneità al programma di quanto previsto dal d.lgs. n. 198 rendeva
evidente l’eccesso di delega, “a nulla rilevando”, osservava questa Corte
nella citata pronuncia, “la sopravvenuta entrata in vigore del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il Codice delle comunicazioni
elettroniche, che riguarda in parte la stessa materia”.
L’Avvocatura
dello Stato ha sostenuto in udienza che la declaratoria di illegittimità
costituzionale del d.lgs. n. 198 del 2002 non avrebbe fatto venire meno le norme
indicate come parametro nel presente giudizio. Il Codice delle comunicazioni
elettroniche, infatti, avrebbe tacitamente abrogato il d.lgs. n. 198 del 2002,
riproducendone al tempo stesso in larga parte il contenuto normativo. Esso si
porrebbe pertanto come fonte dei principî fondamentali della materia,
formalmente nuova, ma in sostanziale continuità con le norme abrogate. Dovrebbe
pertanto essere consentito individuare il parametro del giudizio di legittimità
costituzionale con riferimento alla nuova fonte nella quale si rinvengono i
medesimi principî fondamentali, la cui violazione è stata denunciata con il
ricorso.
In
particolare la difesa erariale osserva che, mentre le questioni di
costituzionalità relative agli artt. 1, commi 1 e 2, e 3 della legge regionale
n. 30 del 2002 sarebbero divenute inammissibili poiché i commi 1 e 2
dell’art. 3 del d.lgs. n. 198 del 2002, di cui si denuncia la violazione, non
sono stati riprodotti nel Codice, al contrario permarrebbe la necessità di uno
scrutinio di costituzionalità in ordine all’art.
2 dell’anzidetta legge regionale. Se ne assume infatti il contrasto con
l’art. 5 del d.lgs. n. 198 del 2002, che è stato interamente trasfuso
nell’art. 87 del Codice e che stabilisce una nuova ed uniforme disciplina per
i “procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di
telecomunicazioni per impianti radioelettrici”.
La
tesi dell’Avvocatura dello Stato non può essere condivisa. Il d.lgs. n. 259
del 2003 ha in effetti dettato una disciplina organica della materia,
riproducendo molte disposizioni contenute nel d.lgs. n. 198 del 2002, e tuttavia
nessuna continuità normativa potrebbe dirsi sussistere fra le due fonti, poiché,
con la dichiarazione di illegittimità costituzionale del decreto n. 198 del
2002, questo è stato rimosso con effetto ex
tunc, ciò che impedisce di operare quella saldatura tra le due fonti che il
ricorrente afferma essersi prodotta. Dal d.lgs. n. 198 del 2002, dichiarato
illegittimo per vizio di forma, non può scaturire alcun effetto, neanche quello
di costituire un legame con il successivo Codice delle comunicazioni.
Si
aggiunga che l’ipotizzato trasferimento del parametro lederebbe il diritto di
difesa della Regione resistente. I termini della questione sono definiti dal
ricorrente con l’atto introduttivo, né la parte resistente può essere
gravata, come si pretende nel presente giudizio, dell’onere di verificare, in
sede difensiva, quale dei principî contenuti nel vecchio d.lgs. n. 198 del 2002
siano presenti anche nel vigente Codice delle comunicazioni e quali non siano
stati in questo riprodotti.
In conclusione, l’illegittimità costituzionale delle disposizioni del d.lgs. n. 198 del 2002, la cui violazione ridonderebbe in lesione del parametro invocato nel presente giudizio, ha inciso radicalmente sui termini della questione, privandola di uno dei suoi requisiti essenziali, così da renderla inammissibile.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1
e 2, 2 e 3 della legge della Regione Emilia-Romagna 25 novembre 2002, n. 30
(Norme concernenti la localizzazione degli impianti fissi per l’emittenza
radio e televisiva e di impianti per la telefonia mobile), sollevata dal
Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, terzo
comma, della Costituzione e in relazione agli artt. 3, commi 1 e 2, e 5 del
decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 (Disposizioni volte ad accelerare
la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la
modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2,
della legge 21 dicembre 2001, n. 443), con il ricorso indicato in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 7 giugno 2004.
Gustavo
ZAGREBELSKY, Presidente
Carlo
MEZZANOTTE, Redattore
Depositata
in Cancelleria l'11 giugno 2004.