Usigrai

Giugno 2003

 

Valutazioni sul disegno di legge n. 3184

"Riassetto del sistema televisivo e della Rai"

 

Questo appunto offre solo strumenti di conoscenza di merito del Disegno di Legge n. 3184. Esamina gli articoli senza entrare nel merito della costituzionalità del testo (peraltro assai dubbia stanti le assai blande norme antitrust) .

 

 

 

CAPO I : PRINCIPI GENERALI

 

Art. 1 – ambito di applicazione e finalità.

Nelle dichiarazioni di principio si confonde il mezzo con il fine, attribuendo allo sviluppo del digitale un potere risolutivo dei problemi capitali del sistema televisivo . Il digitale invece e’ soprattutto un sistema di distribuzione del segnale, non un obbiettivo a se’ stante . Inoltre come vedremo dettagliatamente agli articoli 24 e 25 , il testo confonde il servizio erogato con il servizio realmente fruito . Infatti tutti gli impegni posti a carico della Rai fanno riferimento a scadenze certe e perentorie relative alla copertura di percentuali crescenti di popolazione, mentre il testo non prevede alcun riferimento ai tempi di effettiva diffusione dei nuovi impianti di ricezione digitale (impianti che presuppongono l’acquisto di un apposito decoder da parte di ogni utente) .

C’e’ quindi il forte rischio che alla Rai vengano imposti impegni di spesa immediati a fronte di un sistema di diffusione del segnale che potrebbe dare qualche incerto ritorno economico solo in tempi molto lunghi .

Vale la pena di ricordare a questo proposito un passaggio del messaggio che il Presidente della Repubblica ha indirizzato alle Camere nel Luglio del 2002 " il pluralismo e l’imparzialità’ dell’informazione non potranno essere conseguenza automatica del progresso tecnologico. ..... . la sola presenza dell’emittenza privata non e’ sufficiente a garantire la completezza e l’obiettività’ della comunicazione politica. " .

 

Art. 2 – Definizioni

Comma G - La legge introduce il concetto di "sistema integrato delle comunicazioni", inteso come il settore economico che comprende nella sua accezione piu’ ampia qualunque forma di comunicazione di massa. Il punto e’ di importanza centrale perche’ individua il bacino di riferimento sul quale conteggiare le percentuali della normativa antitrust : piu’ e’ largo questo bacino, piu’ si innalza la dimensione tollerabile di concentrazione e diventano difficili i controlli. Nel nostro caso il concetto di "sistema integrato" e’ estremamente ampio ( si veda in proposito anche il correlato art. 16 con il nostro commento) .

In sede di audizione alla camera dei deputati il presidente della autorita’ antitrust Tesauro aveva dichiarato : " Una aggregazione che tende ad includere mercati cosi’ distanti appare priva di giustificazioni economiche. ..... . Peraltro occorre rilevare che l’individuazione a fini regolamentari del settore integrato delle comunicazioni come base su cui calcolare le quote di mercato degli operatori non trova riscontri internazionali. In primo luogo la definizione di un settore composto da una serie eterogenea di beni e servizi appare in contrasto con la filosofia che sorregge il nuovo quadro normativo comunitario in materia di comunicazioni elettroniche. Il nuovo assetto regolamentare comunitario richiede infatti una rigorosa applicazione dei principi e delle metodologie proprie dell’analisi antitrust nella definizione dei singoli mercati da osservare, ai fini di una loro eventuale sottoposizione a forme di regolamentazione. " .

 

Art. 3 – Principi Fondamentali.

Tra i principi fondamentali è inserita la "salvaguardia delle diversità linguistiche a livello nazionale e locale", posta sullo stesso piano dei grandi principi che applicano l’art. 21 della Costituzione. L’inserimento appare improprio a questo livello e foriero di malintesi e contenziosi quando ogni più ristretta area geografica cercherà di far passare come principio fondamentale la difesa del proprio dialetto. L’Usigrai e’ da sempre favorevole alla tutela delle lingue minoritarie, come definite dalla legislazione europea (fummo i primi ad intervenire in materia con un convegno svoltosi a Bolzano nell’Ottobre del 1996), ma la formulazione del testo e’ tale da confondere le lingue minoritarie con ogni forma di dialetto.

 

Art. 4 – Principi a garanzia degli utenti .

Comma E : " trasmissione di apposita rettifica quando l’interessato si ritenga leso nei suoi interessi morali e materiali" . Questo testo è asettico solo in apparenza, mentre in realtà restringe sostanzialmente il diritto di rettifica:

Art. 5 – Principi a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza.

Comma F , punto 2 : " l’operatore di rete che sia anche fornitore di contenuti ….. è tenuto alla separazione societaria. " In pratica la Rai è obbligata per legge a distinguersi in società diverse: quelle che producono contenuti e quelle che gestiscono le reti di trasmissione. Senza entrare nel merito della opportunità di una separazione societaria, per quanto ci risulta, nessun altro servizio pubblico europeo è mai stato obbligato per legge a questa distinzione.

 

Art. 6 – Ulteriori compiti di pubblico servizio nel settore radiotelevisivo.

Comma 1 : "L’attività di informazione radiotelevisiva, da qualunque emittente esercitata, costituisce un pubblico servizio…" . Si tratta di una affermazione di principio che non ha precedenti, e costituisce il presupposto giuridico per la progressiva marginalizzazione industriale della Rai dal panorama radiotelevisivo italiano. La distinzione giuridica tra una generica "attività di pubblico servizio" e "Concessionaria di Servizio Pubblico" non ci pare di sufficiente garanzia.

Comma 2 lettera b : il testo non specifica, come invece faceva la legge del 1990, le percentuali temporali obbligatorie di tg e gr per l’informazione locale . Si tratta di un punto di particolare rilievo dal punto di vista sindacale, che tocca direttamente le competenze di FNSI ed associazioni regionali di stampa: in pratica si autorizza formalmente ogni emittente a diminuire anche in modo consistente le quote di informazione autoprodotta.

 

Art. 7 – Principi generali in materia di emittenza regionale o locale.

Comma 9 (sintesi) : "le somme che la P.A. destina alla comunicazione istituzionale radiotelevisiva devono risultare impegnate per almeno il 15 % del bilancio a favore della emittenza locale" . Nel testo preliminare si parlava di emittenza locale e nazionale. L’eliminazione del secondo aggettivo appare di ostacolo solo alla Terza rete Rai.

Comma 11 . Gli amministratori che non adempiono agli obblighi di cui sopra sono soggetti a sanzione amministrativa comminata dalla Autorità per le Comunicazioni.

 

Art. 8 – Diffusioni interconnesse.

 

Art. 9 – Disposizioni in materia di risanamento degli impianti radiotelevisivi .

 

Art. 10 – Tutela dei minori.

Comma 1 : " Le emittenti televisive devono osservare le disposizioni per la tutela dei minori previste dal Codice di autoregolamentazione tv e minori approvato il 29 Novembre 2002 " . L’intento di tutelare i minori è encomiabile, ma il riferimento è ad un codice di autoregolamentazione scritto sotto l’egida del ministero e con uno scarso coinvolgimento degli operatori della comunicazione (non solo giornalisti) .

Comma 3 : "Specifiche misure devono essere osservate nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell’avversario, per prevenire fenomeni di violenza legati alle manifestazioni sportive. " Si tratta di una norma predicatoria ed astratta, che come tale ha ottime probabilità di rimanere inapplicata o (se applicata) di intervenire sulla generalità delle trasmissioni sportive, che in buona parte non sono affatto congegnate sui valori sopra citati.

Comma 4 (sintesi) : "alla verifica delle disposizioni di cui sopra provvede l’Autorità per le comunicazioni applicando le sanzioni già previste dalla legge Mammì (1990), fino a 350.000 euro". In questo modo l’Autorità viene ulteriormente sovraccaricata di poteri ispettivi e di controllo che ne snaturano il ruolo, che doveva essere volto prevalentemente all’antitrust .

In generale le disposizioni sbandierate a tutela dei minori appaiono da un lato burocratiche, e dall’altro inidonee al raggiungimento degli obiettivi proclamati .

Comma 8 . All’art. 114 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente testo : " E’ altresì vietata la pubblicazione di elementi che, anche indirettamente, possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni " . E’ facile prevedere che quell’ "anche indirettamente" complicherà il lavoro dei cronisti di giudiziaria, specie per i casi dove sono coinvolti anche maggiorenni .

 

Art. 11 – Tutela della produzione audiovisiva europea .

 

Art. 12 – Uso efficiente dello spettro elettromagnetico.

 

Art. 13 – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

 

 

 

CAPO II : TUTELA DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO

 

Art. 14 – Accertamento di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.

 

Art. 15 – Limiti al cumulo dei programmi Tv o Rf

 

Art. 16 –Limiti alla raccolta delle risorse nel sistema integrato delle comunicazioni.

 

Questi tre articoli erano l’asse portante della legge, rendevano ancor più blandi i limiti antitrust presenti nella legislazione preesistente e rendevano improbabili le sanzioni. Inoltre rendevano inapplicabile la disposizione della Authority per le Comunicazioni che (in applicazione della legge 249) dispongono dal primo gennaio 2004 il passaggio obbligatorio di una rete Mediaset su satellite e la eliminazione della pubblicità’ sulla terza rete Rai. Un emendamento presentato dalla minoranza all’art. 15 ed approvato in aula ha inserito (almeno fino al passaggio in Senato) due novità’ decisive: :

art. 15 comma 1 "In nessun caso un soggetto privato può essere destinatario di più di due concessioni televisive nazionali in tecnica analogica" , e

art. 15 comma 3 (sintesi) "chi ha tre reti tv nazionali analogiche non può controllare direttamente o indirettamente giornali quotidiani. "

Essendo lecito pensare che la maggioranza abbia i numeri (e soprattutto la volontà politica e imprenditoriale) per riportare la legge al testo originario, ragioniamo su quella versione del DdL e ricordiamo che i tre articoli annientano sostanzialmente ogni norma antitrust attraverso il seguente testo:

art. 16 comma 1 "I soggetti tenuti alla iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione ….. non possono conseguire ricavi superiori al 20 % delle risorse complessive del sistema integrato delle comunicazioni . " (vedi quanto da noi scritto in proposito all’art. 2) .

comma 2 "I ricavi di cui al comma 1 sono quelli derivanti dal canone rai, dalla pubblicità nazionale e locale, da sponsorizzazioni, televendite, attività promozionali, convenzioni con soggetti pubblici, provvidenze pubbliche, offerte televisive a pagamento, vendite di beni e abbonamenti, prestazioni di servizi . "

E’ chiaro che la combinazione dei due commi precedenti indica come unico limite antitrust il 20 % di un monte risorse immenso e non misurabile in modo credibile, quindi sostanzialmente abolisce ogni tetto di concentrazione.

Per maggior sicurezza, nel caso che l’Autorità dovesse comunque accertare una posizione dominante sulla base dei nuovi criteri, le procedure di intervento già assai blande, previste dalla legge n. 249 del 1997 sono ulteriormente rallentate obbligando l’Autorità a farle precedere "da un atto di pubblico richiamo segnalando la situazione di rischio ed indicando l’impresa" .

Il complesso delle disposizioni contenute negli articoli 14, 15 e 16 (ove riportati dal Senato nella loro formulazione originaria, come è probabile) renderebbe possibile al proprietario di Mediaset acquistare legittimamente la proprietà piena e diretta contemporanea di un grande quotidiano nazionale e di più quotidiani regionali o interregionali, oppure di due grandi quotidiani nazionali .

I fatti di questi giorni, relativi alla direzione de "Il Corriere della Sera", sembrano confermare puntualmente questa nostra analisi.

Non bisogna dimenticare inoltre che in sede di audizioni preliminari tenute presso la commissione lavori pubblici del Senato non solo l’Autorità Antitrust, ma perfino la FIEG e Telecom Italia hanno valutato positivamente il testo del DdL nella versione uscita dalla Camera, cioè con gli emendamenti correttivi che limitato a due le concessioni televisive nazionali in tecnica analogica detenute da ciascun privato.

 

 

 

CAPO III : EMANAZIONE DEL TESTO UNICO DELLA RADIOTELEVISIONE

 

Art. 17 – Delega al governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione.

Il governo è delegato ad adottare entro dodici mesi dalla approvazione della legge un "testo unico" che coordinerà tutta la normativa esistente "coordinando le norme vigenti ed apportando alle medesime le integrazioni, modificazioni ed abrogazioni necessarie al loro coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione… . "

L’iniziativa di delega al governo per un testo unico è sempre lodevole quando si tratta di norme tecniche (ad esempio il codice della strada) , ma diventa rischiosissima su una materia come questa dove il presidente del consiglio ha interessi immediati e personali di dimensioni ciclopiche. E’ ovvio che un testo unico figlio di una delega al governo dovrà essere analizzato minuziosamente per evitare ulteriori peggioramenti surrettizi della già pessima legislazione offerta dal DdL Gasparri.

 

Nel merito rileviamo fin d’ora che il testo unico sarà tenuto ad indicare i "principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente"

Tra questi "attribuzione alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano della legittimazione a stipulare, previa intesa col ministero delle comunicazioni, specifici contratti di servizio con la società concessionaria " .

Si tratta di una scelta che fa da presupposto ad un percorso di frantumazione aziendale: è chiaro che ogni giunta regionale (e le due province di Trento e Bolzano, presumiamo disgiuntamente tra loro) cercheranno di picchettare le rispettive redazioni regionali con specifici contratti di servizio e con le attività di vigilanza per l’eventuale violazione di questi contratti .

 

 

 

CAPO IV : COMPITI DEL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTELEVISIVO E RIFORMA DELLA RAI

 

Art. 18 – Definizione dei compiti del servizio pubblico radiotelevisivo .

Comma 1. Con apposito emendamento presentato dal governo è ribadita la possibilità di "contratti di servizio regionali e, per le province autonome di Trento e Bolzano, provinciali, con i quali sono individuati i diritti e gli obblighi della società concessionaria. Tali contratti sono rinnovati ogni tre anni ." .

Con la frantumazione dei contratti di servizio si lasciano le sedi regionali in pasto alle pressioni delle rispettive giunte, con una lesione alle autonomie giornalistiche senza precedenti. Che succederà infatti il giorno in cui una sede rifiuterà di firmare un contratto di servizio ritenuto jugulatorio ? E’ ovvio che la giunta regionale, anche alla luce di quanto detto all’art. 6 comma 1 offrirà il contratto ad una o più emittenti private, che però godono di condizioni di mercato (tetti pubblicitari, condizioni contrattuali, anarchia previdenziale e contributiva) che le avvantaggiano fortemente rispetto alle sedi della Rai.

 

Comma 2. Il secondo comma elenca minuziosamente i tipi di trasmissione e gli assetti organizzativi che il Servizio Pubblico deve comunque garantire. E’ la elencazione di 17 punti che entra fino nelle pieghe più riposte sia del palinsesto che degli assetti organizzativi della Rai. Un livello di ingerenza che per dimensioni e minuziosità non ha precedenti. Alcuni esempi:

     

  1. Un numero di ore destinato alla programmazione di alta qualità (teatri, film in lingua originale, classica e sinfonica ecc.…) "il cui numero è definito ogni tre anni dalla Autorità per le comunicazioni" .

  2. La diffusione delle ore di cui sopra "in modo proporzionato in tutte le fasce orarie, anche di maggiore ascolto".

  3. Aumento dei programmi dell’accesso.

  4. Trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale richiesti dalla Presidenza del Consiglio.

  5. Trasmissione in orari appropriati di programmi tv e radio per i minori.

  6. "Promozione delle culture e degli strumenti linguistici locali" . Su cosa possano diventare nel dibattito politico gli "strumenti linguistici locali" è superfluo ritornare.

     

Fin qui emerge una ingerenza sui palinsesti che porterà la rai ad una programmazione virtuosa (nel migliore dei casi) ma sicuramente marginale in termini di ascolto, lasciando così campo libero alle reti di proprietà del monopolista privato. Non meno pesanti le ingerenze in campo organizzativo:

     

  1. Obbligo a realizzare nei termini in seguito indicati le infrastrutture previste per la tv digitale.

  2. Articolazione della Rai "in una o più sedi nazionali" . Dove il risvolto politico è fin troppo evidente, e dove la collocazione geografica di una azienda è decisa non in funzione delle logiche industriali ma delle esigenze politiche degli equilibri di maggioranza.

Questi obblighi si aggiungono a quelli gia’ previsti dal contratto di servizio in vigore dall’inizio dell’anno. La somma di questi vincoli determina per il servizio pubblico una situazione di grande rischio, che bene ha espresso l’Autorita’ garante della concorrenza nella audizione alla Camera di Novembre 2002 : " Occorre evidenziare il rischio che gli ulteriori oneri previsti dal DdL determinino una riduzione delle capacita’ complessive della societa’ concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo . (...) . La nuova struttura organizzativa della Rai non appare idonea alla costituzione di un soggetto che possa svolgere in modo efficiente l’attivita’ di servizio pubblico generale e contemporaneamente competere efficacemente con gli altri operatori nel mercato della pubblicita’, assicurando una adeguata pressione concorrenziale nei riguardi dell’altro operatore storico presente nel settore. "

 

Comma 3 . "Le sedi Rai … operano in regime di autonomia finanziaria e contabile in relazione alle attività di adempimento degli obblighi di pubblico servizio affidate alle stesse. " Il concetto di autonomia finanziaria e contabile inserito nel contesto di questa legge e tenendo conto di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 18 è particolarmente preoccupante. Che succederà se una sede non riuscirà a mantenere l’equilibrio finanziario e contabile? Tenendo conto del "potere di pressing" che la legge assegna alle giunte regionali, l’ipotesi di cui sopra appare la più probabile.

Un emendamento approvato alla camera aggiunge inoltre che " la ripartizione del gettito del canone dovra’ essere operata con riferimento anche alla articolazione territoriale delle reti nazionali per assicurarne l’autonomia economica " . Si tratta di un criterio di ripartizione molto pericoloso per l’unitarieta’ dell’azienda.

Comma 5 . La Rai viene frenata nella possibilità di gestire direttamente l’uso commerciale di immagini e suoni di sua proprietà via telefono UMTS. Il testo dice infatti che questo è possibile "purché non risulti di pregiudizio al migliore svolgimento dei pubblici servizi concessi … " .

 

Art. 19 – Finanziamento del Servizio pubblico.

Comma 3 . "Il ministro delle comunicazioni con proprio decreto stabilisce l’ammontare del canone di abbonamento" in misura tale da consentire alla Rai di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti nell’anno successivo. In pratica sarà il ministero a valutare i costi che verranno sostenuti nell’anno successivo. E’ ovvio che un potere del genere costituisce un enorme strumento di condizionamento di tutta l’attività produttiva della Rai.

Un emendamento approvato in aula alla Camera aggiunge inoltre che "la ripartizione del gettito del canone dovra` essere operata con riferimento anche all’articolazione territoriale delle reti nazionali per assicurarne l’autonomia economica". E` un criterio di ripartizione pericolosissimo per l’unitarieta` dell’azienda.

Comma 4 . " E’ fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo" . Questa norma, apparentemente di buon senso, costituisce in realtà un’altra catena opposta al normale funzionamento aziendale della Rai: come sarà possibile stabilire l’esatto confine tra le attività di pubblico servizio e quelle che non lo sono ?

In linea generale il testo trascura il tema delle risorse con cui il servizio pubblico deve far fronte ai compiti vecchi e nuovi pur minuziosamente specificati. Si ha cura invece di esplicitare i limiti di affollamento pubblicitario previsti dalla legge Mammi’ ed assai severi nei confronti della Rai.

 

Art. 20 . Verifica dell’adempimento dei compiti.

Comma 1 . L’Autorità per le comunicazioni ha il compito di verificare che il Servizio pubblico venga prestato "ai sensi delle disposizioni di cui alla presente legge , del contratto di servizio e degli specifici contratti di servizio conclusi con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano. "

Comma 2 . L’Autorità agisce d’ufficio, oppure su impulso del ministero delle comunicazioni oppure delle regioni e province autonome per i contratti da queste stipulati.

Comma 3 . L’Autorità può disporre ispezioni, controllare documenti aziendali, acquisirne copia "anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello stato".

Comma 6 . L’Autorità può disporre sanzioni amministrative fino a 50.000 euro se la Rai rifiuta di fornire dati richiesti o se fornisce dati che risultano non veritieri.

Commi 7 e 8 . Nel caso di infrazioni accertate ai contratti di servizio la gradazione delle pene arriva alla sospensione delle attività di impresa fino a 90 gg .

E’ chiaro che la Rai è posta sotto la sorveglianza diretta e militante del Ministero, oltre che per i motivi indicati negli articoli precedenti, anche perché a questo viene assegnata la facoltà di "promuovere l’azione amministrativa" contro asserite violazioni. Potere analogo è assegnato alle giunte regionali nel rapporto con le Sedi Regionali.

 

Art. 21 – Disciplina della Rai- radiotelevisione Italiana.

Comma 1 . La concessione dura dodici anni.

Comma 5 . Il presidente del CdA Rai è eletto dalla Commissione parlamentare di vigilanza con voto a maggioranza semplice a partire dalla quarta votazione. Questo comma, a meno che sia modificato nell’iter parlamentare residuo, assegna alla maggioranza il potere di nomina del presidente, senza alcuna necessita` di confronto con l’opposizione. E’ assai opportuno che venga ripristinato il testo precedente, che impone per la figura del presidente candidature capaci di raccogliere larghi consensi.

La nomina del DG era già sostanziale prerogativa del Ministro dell’Economia.

Comma 7. Il meccanismo di nomina del CdA non risolve nessuno dei problemi posti dalla legge attualmente in vigore ed anzi rischia di dare riconoscimento formale alla subordinazione della Rai al governo.

L’Usigrai continua ad auspicare fonti di nomina per il CdA della Rai che non siano piu’ solo politico-istituzionali: puo` essere realizzata un’apertura all’associazionismo, alle istituzioni culturali, alle autonomie locali. Fondamentale e` inoltre l’allungamento della durata del vertice, senza farlo pero` coincidere con il quinquennio della legislatura.

 

Art. 22 – Dismissione della partecipazione dello Stato nella Rai.

Comma 3 . "Entro il 31 Gennaio 2004 è avviata la dismissione della partecipazione dello stato nella Rai. … . L’alienazione avviene mediante offerta pubblica di vendita."

Comma 4 . Il testo dispone che una quota delle azioni Rai alienate sia riservata ad "abbonati che dimostrino di essere in regola da almeno un anno con il pagamento del canone" . Perche’ non si prevede espressamente che una quota possa essere riservata ai dipendenti ?

Comma 5 . Nessun privato può possedere più dell’uno per cento delle azioni aventi diritto di voto. Sono vietati i patti di sindacato superiori al 2 per cento. "Tali clausole sono di diritto inserite nello statuto della società, non sono modificabili e restano efficaci senza limiti di tempo. " Queste ultime righe rendono impossibile per sempre qualunque correzione alla privatizzazione della Rai come definita nella legge.

Comma 6 . "Fino al 31 Dicembre 2005 è vietata la cessione di rami d’azienda da parte della Rai". .

Della trasformazione della rai in public company non sono chiare le caratteristiche e la praticabilita`. Non si dice se una quota – e di quale consistenza – rimarra` in mano pubblica, e per quanto tempo. E` pero` chiarissimo che la cessione di rami d’azienda – cioe` la vendita di pezzi anche pregiati – e` bloccata soltanto fino alla fine del 2005. Fra tre anni, dunque, verrebbe meno ogni vincolo al ridimensionamento della Rai.

Comma 7 . " I proventi derivanti dalle operazioni di collocamento sul mercato di azioni ordinarie della Rai ... sono destinati per il 75% al fondo di ammortamento per i titoli di stato. ... . La restante quota e’ destinata al finanziamento degli incentivi all’acquisto di decoder (per il digitale terrestre) . " In altre parole si cedono le azioni della Rai per rifinanziare il fondo di garanzia dei titoli di stato. Perche’ si sono scelte proprio quelle proporzioni ?

 

 

CAPO V :

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI E ABROGAZIONI

 

Art. 23 – Attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze

 

Art. 24 – Disciplina della fase di avvio delle trasmissioni in tecnica digitale.

L’articolo si rivolge alla generalità dei soggetti produttori di televisione ed indica le procedure attraverso le quali possono passare dalla tv analogica a quella digitale. Per questi soggetti però il passaggio al digitale (estremamente costoso e dai ritorni economici incerti e differiti nel tempo) non è mai un obbligo.

 

Art. 25 – Accelerazione della conversione alla trasmissione in tecnica digitale.

Comma 1 . La Rai " E’ tenuta a realizzare almeno due blocchi di diffusione (digitale) su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga:

     

  1. entro il 1 Gennaio 2004 il 50% della popolazione

  2. entro il 1 Gennaio 2005 il 70% della popolazione"

Ripetiamo che il passaggio dalla trasmissione analogica a quella digitale è un percorso tecnologico estremamente costoso (stime attendibili quantificano in 500 milioni di euro l’impegno richiesto alla Rai) e dai ritorni economici incerti nelle dimensioni e nei tempi (si calcola che il digitale "rendera`" non prima di 10-12 anni).

Giova evidenziare che il primo limite cronologico imposto alla Rai per il passaggio al digitale è particolarmente ravvicinato (fine dell’anno in corso). La legge non esplicita sul punto cosa accadrebbe in caso di mancato rispetto dei tempi da parte della Rai. Si può però supporre che siano applicabili tutte le sanzioni previste dall’art. 20. Sarebbe estremamente opportuna una riconsiderazione dei tempi imposti alla Rai per il passaggio al digitale.

 

 

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