L’Unità, 17 dicembre 2003

PLURALISMO E LICENZIAMENTI
di Roberto Zaccaria

Il presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere, esercitando una sua indiscutibile prerogativa costituzionale, riconosciutagli dall’art.74 della Costituzione, il disegno di legge Gasparri sulla riforma del sistema televisivo.

Nel messaggio, che la Costituzione vuole motivato, il presidente ha indicato con chiarezza le ragioni che hanno giustificato il rinvio e lo ha fatto in maniera così circostanziata da rendere assolutamente costruttivo il suo intervento. Il presidente si è ricollegato in maniera estremamente puntuale e dettagliata alle indicazioni ricavate dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e ha dato così una testimonianza esplicita del suo percorso in un ambito rigorosamente costituzionale. Ha fatto una cosa che nessuna Corte costituzionale potrebbe fare e cioè ha indicato le norme «elusive » degli obblighi costituzionali in una materia come quella dell’antitrust dove legislatore ha dei precisi «obblighi di fare». Obblighi che, notoriamente, sono difficilissimi da sanzionare da parte dei giudici. Prova di tutto questo sta nel fatto che nonostante l’accordo generalizzato in Parlamento realizzato nel 1997 sulle legge Meccanico non si era arrivati a darle attuazione ad oltre cinque anni di distanza e la Corte, nel novembre del 2002, era stata costretta (al suo terzo intervento sulla materia) a porre la ben nota norma di chiusura del 31 dicembre 2003. L’intervento realizzato da Ciampi ai sensi dell’art.74 della Costituzione è anche il più rispettoso del Parlamento perché impone solo un riesame e non condiziona in alcun modo il contenuto delle norme da riapprovare. Di fronte a questo intervento, l’unica strada corretta è il ritorno in Parlamento per una nuova delibera che tenga conto delle osservazioni presidenziali. Il precedente che più assomiglia a quello in esame e' quello del rinvio, operato nel febbraio del 1992 da Cossiga, della legge sull’obiezione di coscienza. Quel rinvio fu fatto peraltro alla fine della legislatura in un contesto che non consentì di fatto il riesame della legge. Si ipotizzò allora anche l’ipotesi del decreto legge, che venne naturalmente scartata. Oggi l’ipotesi del decreto ritorna, con una motivazione diversa (per evitare le conseguenze previste, fin dal 1997, dalla legge Meccanico) ma le obiezioni di costituzionalità sarebbero numerose. A parte la «pedagogica » applicazione del conflitto di interesse (a poco servirebbe la formale assenza del premier), a parte il dubbio di applicare un decreto legge in questa materia, resterebbero discutibilissime le ragioni di «straordinaria necessità ed urgenza» a causa di un ritardo parlamentare così configurato. Ma le giustificazioni «pratiche» (le migliaia di licenziamenti) emerse con singolare assonanza o, forse, con una politica concertazione, da parte delle imprese, privata (Rete 4) e pubblica (Rai per la terza rete, senza pubblicità), destinatarie delle misure deconcentrative, appaiono obiettivamente improponibili. C’è una straordinaria inversione dei piani del ragionamento. Le «misure antitrust» imposte dalla Costituzione non possono essere equiparate a calamità naturali o a crisi di settore per la quale si prevedono licenziamenti o riduzioni di personale. Con questi sbarramenti negli Stati Uniti le norme anticoncentrazione non sarebbero mai state applicate (ma sappiamo che le cose in quel paese di principi assolutamente liberali, non sono andate così). Le misure antitrust non sopprimono l’attività ma impongono solo il cambio del titolare dell’attività stessa. Dopo di che, ammesso che non ci sia stato il tempo, nei cinque-sei anni trascorsi dall’applicazione della legge per fare opportune riconversioni sarà compito di altre imprese di continuare quell’attività. È notorio che i monopolisti hanno sempre minacciato queste conseguenze, ma è altrettanto noto che i principi pluralistici voluti dalla Costituzione non sono mai stati «regalati» dai monopolisti. Ringraziamo dunque il Presidente Ciampi per la sua sensibilità istituzionale e proviamo una volta, ogni tanto, a rispettare il dettato costituzionale senza inutili equilibrismi. La Corte che, come è noto, ha dedicato a questo tema analoga attenzione fin dal 1988, ha posto nella sua ultima sentenza del 2002 (n. 466) una serie di paletti per impedire che l’applicazione delle norme antitrust fosse prorogata all’infinito. La data limite del 31 dicembre 2003 non è stata fissata ieri dalla Corte bensì nel novembre del 2002 e riguarda l’applicazione di regole contenute nella legge Maccanico del 1997. È dunque dal luglio del 1997 che il Parlamento aveva stabilito il destino satellitare di una delle tre reti Mediaset e l’eliminazione della pubblicità sulla terza rete della Rai.