la Repubblica
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VENERDÌ,
17 FEBBRAIO 2006 |
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DIARIO
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Telepolitica
il peccato capitale della democrazia |
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GUSTAVO
ZAGREBELSKY |
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Prima che per la distribuzione dei tempi tra i contendenti,
è per i contenuti che questa campagna elettorale si è degradata come non
mai. |
Le elezioni, in questa visione, diventano contese per
dividersi il mercato dei voti e strapparne agli avversari, esattamente come
avviene tra imprese. L´uomo politico tratta in voti come l´uomo d´affari
tratta in petrolio. Nel primo caso abbiamo imprenditori politici e elettori; nel
secondo, imprenditori economici e consumatori, ma il rapporto tra i primi e i
secondi è sostanzialmente dello stesso tipo. Anche i metodi per acquisire
consensi sono gli stessi, chiamandosi, in un caso, propaganda e, nell´altro,
pubblicità. Si può dire che la propaganda sta alle elezioni come la pubblicità
sta al commercio.
Sappiamo quanto importante sia la tutela del consumatore dalla pubblicità
menzognera, denigratoria e fraudolenta dei prodotti commerciali. Stabilita l´equazione
pubblicità-propaganda, si comprende quanto essenziale sia la protezione dell´elettore
dalla propaganda, a sua volta, menzognera, denigratoria e fraudolenta.
L´acquisto di beni scadenti farà male al consumatore ma il voto corrotto da
propaganda corruttrice farà male a tutti. Inoltre, il consumatore si può
accorgere alquanto facilmente se ciò che ha acquistato non vale niente;
esistono controlli per evitare i danni alla salute per ciò che ingurgitiamo e
siamo quasi sempre in tempo per rivolgerci altrove. L´elettore ingannato,
invece, non si accorge o si accorge troppo tardi, e a sue pesanti spese, delle
porcherie politiche che, con il suo voto, ha acquistato per sé e per la
collettività. Eppure, paradossalmente, l´interesse per l´integrità del
confronto elettorale è molto meno elevato che per la correttezza del commercio.
Denunciare questo fatto non significa auspicare interventi legislativi, in
queste materie sempre pericolosi, con tanto di interventi pubblici di controllo,
per lo più inefficaci, e di sanzioni, per lo più inutili. Significa invece
sollecitare la vigilanza dell´opinione pubblica, questa sì sempre necessaria.
La concezione mercantile della democrazia è stata contestata: per i pessimisti,
nei Paesi dove dovrebbe innanzitutto applicarsi (soprattutto gli Stati Uniti d´America),
la classe dirigente è unica e ristretta, cosicché la scelta elettorale è solo
una farsa; per gli ottimisti, la svalutazione dell´autonoma iniziativa dei
cittadini-elettori, a favore delle élites e dei capi, è una generalizzazione
eccessiva. Ma l´idea del mercato dei voti ha comunque una sua verosimiglianza.
Dunque: il produttore (a), offre beni (b) al consumatore, in cambio di denaro
(c). Nel mercato elettorale, l´uomo politico (a) offre promesse (b), in cambio
di voti (c).
Ora, questo schema, già di per sé non esaltante per ogni ideologo della
democrazia, subisce una prima deviazione o, se si vuole, un primo imbroglio
quando scompare il termine medio (b). La campagna elettorale alla quale
assistiamo ha spinto al parossismo la tendenza di taluno a mettere avanti se
stesso (a), per ottenere voti (c). Votatemi per quello che sono: compratemi
perché sono bello, sensibile, imbattibile, "immoribile", ricco,
spiritoso, simpatico; ho una bella famiglia; so fare tante cose, amare, cucinare
e cantare. In questo modo, la campagna elettorale perde di significato politico
e si trasforma in un tentativo di seduzione personale. Diventa anzi, nel senso
preciso delle parole, un´oscena pro-stituzione, un mettersi innanzi senza
ritegno, per oscurare ciò che invece è essenziale per giustificare l´ardire
di chiedere voti: la ragione politica. Gli elettori vengono degradati. Non sono
arbitri delle scelte politiche, ma clienti da adescare. I candidati che
esibiscono se stessi sono non solo espressione della volgarità di certi
ambienti del potere, ma anche corruttori della democrazia politica.
La seconda deviazione si constata nel modo di usare i dati di fatto, i quali, in
quanto tali, dovrebbero essere incontrovertibili o, almeno, determinabili nella
loro obiettività, per costruire discorsi onesti. Invece, ognuno ha suoi dati
che, naturalmente, gli danno ragione. Il pubblico non capisce: percentuali di e
su che cosa? spese effettuate o solo preventivate? occupazione vera o fittizia,
stabile o effimera? criminalità reale, denunciata o accertata? aumento dei
salari e delle retribuzioni: in termini monetari o reali? distanza tra ricchi e
poveri, tra nord e sud? I "dati", anche se non smaccatamente falsi,
possono essere costruiti ad hoc. Mai che vi sia qualcuno - i responsabili delle
interviste televisive, per primi - che inchiodi chi ne fa uso a una prova della
verità.
L´integrità del ragionare è pregiudicata in radice e tutto può andare su e
giù, come conviene. Eppure falsità e frode, strumenti del Principe
machiavellico, insieme alla violenza da cui poco differiscono, dovrebbero
considerarsi quali sono: attentati alla democrazia.
La terza distorsione sta nel considerare l´elettore-spettatore come supporter e
non come una persona raziocinante che vuole maturare sue convinzioni. Gli uomini
politici spesso coltivano un ridicolo atteggiamento gladiatorio (lo "faccio
nero", lo distruggo), studiato a tavolino da esperti di comunicazione di
massa. I media lavorano sulla stessa lunghezza d´onda quando stabiliscono
classifiche e assegnano vittorie e sconfitte come in un match di pugilato, dal
cui lessico si ispirano (knock out; al tappeto; gettare la spugna). Il logos
della democrazia, il ragionare insieme, il piacere di apprendere qualcosa dall´altro,
in definitiva il carattere costruttivo della discussione sono spesso
completamente assenti. Ci si vuole reciprocamente distruggere, senza apprendere
nulla. Così si fanno solo macerie; il pubblico percepisce non una discussione
ma uno scontro tra pregiudizi. Chi non è partigiano si allontanerà disgustato,
avvertendo di essere usato come cosa, non rispettato come essere raziocinante.
Eppure, quale prova di onestà, serietà e forza darebbe colui che, in un
pubblico dibattito, riconoscesse per una volta, se occorre, le buone ragioni
dell´avversario!
Seduzione, falsità e partito preso sono tre vizi capitali delle nostre campagne
elettorali. Consideriamo che la loro comune natura è l´estraniazione dal
contatto con la realtà delle cose. Allora si capisce l´importanza della
distribuzione degli spazi televisivi.
L´efficacia del messaggio elettorale, come di quello commerciale, è
determinata dal tempo di esposizione, durante il quale si useranno tutti gli
ingredienti e i trucchi di una "comunicazione" sottratta a ogni
verifica politica.
Abbiamo iniziato e terminiamo con Schumpeter: più di un argomento razionale
contano le affermazioni ripetute mille volte e l´appello al subconscio, nel
tentativo di evocare e cristallizzare associazioni gradevoli a proprio favore e
sgradevoli a sfavore dell´avversario, con metodi extrarazionali e, molto
spesso, con riferimenti sessuali. Forse è per questa ultima ragione che chi ha
la fortuna di avere avuto da madre natura un naso gogoliano, quello se lo tiene
ben in vista. Noi, cittadini-elettori, non dovremmo pretendere qualcosa di
meglio?