MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALLE CAMERE PER UNA NUOVA DELIBERAZIONE 15 dicembre 2003
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Onorevole
Presidente, Le
trasmetto il messaggio col quale chiedo alle Camere una nuova
deliberazione ai sensi dell'articolo 74, primo comma, della Costituzione
sulla legge: “Norme
di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della
RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per
l'emanazione del testo unico della radiotelevisione”, approvata
dalla Camera dei Deputati il 3 aprile 2003, modificata dal Senato il 22
luglio 2003, nuovamente modificata dalla Camera dei Deputati il 2 ottobre
2003 ed approvata in via definitiva dal Senato il 2 dicembre 2003. Voglia
gradire, onorevole Presidente, i sensi della mia più alta
considerazione”. Signori
Parlamentari, in data 5 dicembre 2003, mi è stata inviata per la
promulgazione la legge: “Norme
di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della Rai
Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l'emanazione
del testo unico della radiotelevisione”, approvata dalla Camera dei
Deputati il 3 aprile 2003, modificata dal Senato il 22 luglio 2003,
nuovamente modificata dalla Camera dei Deputati il 2 ottobre 2003 e
approvata in via definitiva dal Senato il 2 dicembre 2003. Il
relativo disegno di legge era stato presentato dal Governo alla Camera dei
Deputati il 25 settembre 2002. Successivamente, il 20 novembre 2002, era
sopraggiunta la
sentenza della Corte Costituzionale n. 466, che dichiarava "la
illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 7, della legge
31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione della Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo), nella parte in cui non prevede la fissazione di un
termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31
dicembre 2003, entro il quale i programmi irradiati dalle emittenti
eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso articolo 3, devono
essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo". La data
del 31 dicembre 2003 era gia stata indicata, come termine per la
cessazione del regime transitorio di cui all'articolo 3, settimo comma,
della legge n. 249 del 1997, dall'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni (Deliberazione
n. 346 del 7 agosto 2001). Detto
articolo 3 rinvia ai limiti fissati dal sesto comma dell'articolo 2 della
stessa legge n. 249, là dove si stabilisce che ad uno stesso soggetto e a
soggetti controllati o collegati "non possono essere rilasciate
concessioni né autorizzazioni che consentano di irradiare più del venti
per cento rispettivamente delle reti televisive o radiofoniche analogiche
e dei programmi televisivi o radiofonici numerici, in ambito nazionale,
trasmessi su frequenze terrestri, sulla base del piano delle
frequenze". La
sentenza della Corte n. 466 del 20 novembre 2002
muove dalla considerazione della situazione di fatto allora esistente che,
a suo giudizio, "non garantisce ... l'attuazione del principio del
pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli imperativi
ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in
materia". Nell'ultima
delle considerazioni in diritto, la Corte precisa che "la presente
decisione, concernente le trasmissioni televisive in ambito nazionale su
frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto
che potrebbe derivare dalla sviluppo della tecnica di trasmissione
digitale terreste, con conseguente aumento delle risorse tecniche
disponibili". Dalla
sentenza - i cui contenuti essenziali sono stati richiamati dai Presidenti
della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dell'Autorità
garante della concorrenza e del mercato, nelle
audizioni rese alle Commissioni riunite VII E IX della Camera dei Deputati
il 10 settembre 2003 - discende pertanto, che, per poter considerare
maturate le condizioni del diverso futuro assetto derivante
dall'espansione della tecnica di trasmissione digitale terrestre e,
quindi, per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel
dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia
intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale
disposizione. La
legge a me inviata si fa carico di questo problema. Le norme che
disciplinano l'aspetto sopra considerato sono contenute nell'articolo
25, il cui primo comma stabilisce che, entro il 31 dicembre 2003,
dovranno essere rese attive reti televisive digitali terrestri, ponendo,
in particolare, a carico della società concessionaria del servizio
pubblico (secondo comma) l'obbligo di predisporre impianti (blocchi di
diffusione) che consentano il raggiungimento del cinquanta per cento della
popolazione entro il 1° gennaio 2004 e del settanta per cento entro il 1°
gennaio 2005. L'articolo
25, terzo comma, stabilisce inoltre che "l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, entro i 12 mesi successivi al 31 dicembre
2003, svolge un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi
digitali terrestri allo scopo di accertare: Ciò
premesso, ritengo di dover formulare alcune osservazioni in merito alla
compatibilità di talune disposizioni della legge in esame con la
sentenza n. 466/2002 della Corte Costituzionale. La prima osservazione
riguarda il temine massimo assegnato all'Autorità per effettuare detto
esame: "entro i dodici mesi successivi al 31 dicembre 2003" (articolo
25, terzo comma). Questo lasso di tempo - molto ampio rispetto alle
presumibili occorrenze della verifica - si traduce, di fatto, in una
proroga del termine finale indicato dalla Corte Costituzionale. Una
seconda osservazione concerne i poteri riconosciuti alla Autorità:
questa, entro i trenta giorni successivi al completamento
dell'accertamento, invia una relazione al Governo e alle competenti
Commissioni parlamentari, "nella quale verifica se sia intervenuto un
effettivo ampliamento delle offerte disponibili e del pluralismo nel
settore televisivo ed eventualmente formula proposte di interventi diretti
a favorire l'ulteriore incremento dell'offerta dei programmi televisivi
digitali terrestri e dell'accesso ai medesimi" (articolo 25, terzo
comma). Ne
deriva che, se l'Autorità dovesse accertare, entro il termine
assegnatole, che le suesposte condizioni (raggiungimento della
prestabilita quota di popolazione da parte delle nuove reti digitali
terresti; presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili; effettiva
offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli
diffusi dalle reti analogiche) non si sono verificate, non si avrebbe
alcuna conseguenza certa. La legge, infatti, non fornisce indicazioni in
ordine al tipo e agli effetti dei provvedimenti che dovrebbero seguire
all'eventuale esito negativo dell'accertamento. Si
consideri, inoltre, che il paragrafo 11, penultimo capoverso, delle
considerazioni in diritto della sentenza
n. 466, recita: "D'altro canto, la data del 31 dicembre 2003
offre margini temporali all'intervento del legislatore per determinare le
modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui al
comma 7 dell'articolo 3 della legge n. 249 del 1997". Ne
consegue che il 1° gennaio 2004 può essere considerato come il dies a
quo non di un nuovo regime transitorio, ma dell'attuazione delle
predette modalità di cessazione del regime medesimo, che devono essere
determinate dal Parlamento entro il 31 dicembre 2003. Si rende, inoltre,
necessario indicare il dies ad quem e, cioè, il termine di tale
fase di attuazione. Tutto
ciò detto in relazione alla compatibilità delle succitate disposizioni
della legge in esame con la
sentenza n. 466 del 20 novembre 2002, non posso esimermi dal
richiamare l'attenzione del Parlamento su altre parti della legge che -
per quanto attiene al rispetto del pluralismo dell'informazione - appaiono
non in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale. Si
consideri, a tale proposito, che la
sentenza della Corte Costituzionale n. 826 del 1988 poneva come un
imperativo la necessità di garantire "il massimo pluralismo esterno,
onde soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto
del cittadino all'informazione". E ancora, nella sentenza
n. 420 del 1994, la stessa Corte sottolineava l'indispensabilità di
"un'idonea disciplina che prevenga la formazione di posizioni
dominanti". Nell'ambito
dei principi fissati dalla richiamata giurisprudenza della Corte
Costituzionale si è mosso il messaggio
da me inviato alle Camere il 23 luglio 2003. Per quanto riguarda la
concentrazione dei mezzi finanziari, il sistema integrato delle
comunicazioni (Sic) - assunto dalla legge in esame come base di
riferimento per il calcolo dei ricavi dei singoli operatori di
comunicazione - potrebbe consentire, a causa della sua dimensione, a chi
ne detenga il venti per cento (articolo
15, secondo comma, della legge) di disporre di strumenti di
comunicazione in misura tale da dar luogo alla formazione di posizioni
dominanti. Quanto
al problema della raccolta pubblicitaria, si richiama la
sentenza della Corte Costituzionale n. 231 del 1985 che, riprendendo
principio affermati in precedenti decisioni, richiede che sia evitato il
pericolo "che la radiotelevisione, inaridendo una tradizionale fonte
di finanziamento della libera stampa, rechi grave pregiudizio ad una
libertà che la Costituzione fa oggetto di energica tutela". Si
rende, infine, indispensabile espungere dal testo della legge il comma
14 dell'articolo 23, che rende applicabili alla realizzazione di reti
digitali terrestri le disposizioni del decreto
legislativo 4 settembre 2002, numero 198, del quale la Corte
Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale con la
sentenza n.
303 del 25 settembre/1° ottobre 2003. Per la stessa ragione, va
soppresso il riferimento al predetto decreto legislativo dichiarato
incostituzionale, contenuto nell'articolo
5, primo comma, lettera l) e nell'articolo
24 terzo comma. Per
i motivi innanzi illustrati chiedo, alle Camere - a norma dell'articolo
74, primo comma, della Costituzione - una nuova deliberazione in
ordine alla legge a me trasmessa il 5 dicembre 2003. Firmato:
Carlo Azeglio Ciampi Controfirmato:
Maurizio Gasparri. |
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