UNA
LEGGE CONTRO CIAMPI
di
Roberto Zaccaria
La
legge Gasparri è una legge incostituzionale, inutile, dannosa che aggrava il
problema del conflitto d’interessi e che non potrà essere applicata perché
calpesta i principi comunitari. Un documento promosso da «Articolo 21»,
firmato da cinquanta costituzionalisti (con alcuni dei nomi più illustri
dell’Accademia italiana) e pubblicato ieri dall’Unità illustra le quattro
ragioni per le quali la legge contrasta con la Carta fondamentale e si presenta
quindi come manifestamente incostituzionale. Segue dalla prima Primo, perché
alza enormemente il limite massimo per le concentrazioni e riduce il pluralismo
e il diritto dei cittadini all’informazione (niente più Biagi, Santoro,
Luttazzi, Guzzanti... e tanti altri). Introduce attraverso la finzione del
digitale terrestre un nuovo «regime transitorio» oltre il termine del 31
dicembre 2003 giudicato improrogabile dalla Corte Costituzionale (466/02).
Secondo, perché sottrae la disciplina della radiotelevisione al Parlamento e la
consegna al Governo. Terzo, perché rafforza il potere del Governo sulla Rai
attraverso la nuova procedura di nomina del CdA Rai (vietato
secondo sentenza Corte Costituzionale 225/74). Quarto, perché avvia una
privatizzazione totale del «servizio pubblico» regalando il canone ai privati
(vietato secondo sentenza Corte Costituzionale
284/02). In questo modo la legge «stravolge clamorosamente» il
messaggio del Presidente della Repubblica (pluralismo come condizione per la
democrazia) e «aggira» le sentenze della Corte Costituzionale (826/88,
420/94, 466/02:
la situazione esistente nella radiotelevisione é incostituzionale). È una
legge inutile perché ripete, per l’ottanta per cento, disposizioni già
contenute nelle leggi vigenti (bastava quindi un bel testo unico) e aggiunge la
sola parte relativa al digitale terrestre (che sarà controllato da chi avrà già
accumulato risorse enormi nel mercato pubblicitario). È una legge dannosa per
gli editori dei giornali perché consente ai privati (e soprattutto a Mediaset)
di fare più pubblicità e telepromozioni e «annulla» due decisioni del
Consiglio di Stato (in contrasto con sentenza Corte Costituzionale 231/85) È
una legge dannosissima per la Rai perché la carica di compiti nuovi senza darle
le risorse adeguate. Le impone di realizzare il «digitale terrestre» che costa
almeno 750 milioni di euro e anziché renderla indipendente, la pone sotto la
tutela più stretta del Governo e poi la «svende». Il gruppo
Mediaset-Publitalia ringrazia per il dono che ottiene da questa legge perché può
crescere ancora e quasi raddoppiare (dagli attuali 3,5 miliardi ad oltre 6
miliardi di euro) perché può fare tranquillamente più pubblicità di prima,
perché potrà gestire anche le Tv locali, perché tra qualche anno potrà
comprare (senza finzioni di mogli o fratelli) nuovi giornali e, infine, perché
Fede «resta in terra » anziché andare sul satellite ospite dell’«amico»
Murdoch. Questa legge ignora naturalmente la risoluzione del 3 settembre del
Parlamento europeo che aveva deplorato il fatto che in Italia permanesse una
situazione di concentrazione del potere mediatico nelle mani del Presidente del
Consiglio, senza l’adozione di alcuna seria normativa sul conflitto di
interessi. La legge Gasparri, in questo quadro, è quindi doppiamente pericolosa
perché aggrava in maniera speventosa la concentrazione nei media e, aumentando
enormemente il potere del presidente del Consiglio, realizza una concentrazione
di poteri nello Stato ed incide direttamente sulla forma di Governo. Si realizza
con questa legge quella forma di «premierato assoluto » temuta da Leopoldo
Elia. Altro che riforma dei quattro «saggi » di Lorenzago: è questa la
riforma costituzionale! Ma forse, prima che intervengano gli organi di garanzia
costituzionale, come ci auguriamo, potrebbe aiutarci l’Europa. Guido Rossi ha
detto, nei giorni scorsi, che l’enorme allargamento del mercato rilevante (il
cosiddetto «Sic», sistema integrato delle comunicazioni) si pone in netto
contrasto con i principi comunitari in materia di antitrust. Il professore ha
citato una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 9
settembre 2003 secondo la quale una legge - come la Gasparri - che fornisce
copertura legale a comportamenti incompatibili con i principi comunitari sulla
concorrenza (art.10 e art.81 CE) deve essere disapplicata, oltre che dai
giudici, dalle autorità di controllo (Antitrust e Comunicazioni). «Il diavolo
fa’ le pentole ma non i coperchi» ha concluso scherzando, ma non troppo,
Guido Rossi. Noi lo speriamo vivamente.